Il cinghiale è recettivo a numerose malattie virali, batteriche e parassitarie che possono avere un notevole interesse, diretto ed indiretto, per l’uomo, per le altre popolazioni di animali selvatici, per gli animali domestici, per la specie stessa e per l’ambiente. Inoltre essendo una specie selvatica soggetta a consistente e crescente prelievo venatorio, costituisce una cospicua bio-massa di alimento che arriva sulle tavole dell’uomo. Numerosi sono infatti gli agenti fisici, chimici e biologici che potenzialmente possono essere trasmessi dall’animale all’uomo attraverso la manipolazione delle spoglie e delle carcasse e dal consumo delle carni e derivati.
Negli ultimi anni, infatti, tra le varie motivazioni che inducono a considerare il cinghiale una specie “problematica”, viene spesso riportata anche quella sanitaria relativa al suo ruolo, reale o presunto, di serbatoio di alcune importanti malattie di interesse per la sanità pubblica.
Premesso che lo studio delle malattie degli animali selvatici nel loro naturale contesto di “vita libera” (la cosiddetta eco-patologia della fauna selvatica) è in fase di crescita, nel nostro paese, solamente negli ultimi anni ed è quindi un settore della medicina veterinaria molto giovane, sono in corso numerose ricerche, ad esempio, sul ruolo che la specie occupa nei confronti di importanti malattie di estremo interesse per la salute pubblica e per la sanità animale.
Alcune recenti positività per Brucellosi (grave malattia degli animali e dell’uomo sostenuta da dei batteri del genere “brucella”) segnalate nel suide in alcune aree del nostro paese, avrebbe indotto alcuni studiosi ad ipotizzare, per il cinghiale, un ruolo di “serbatoio” di tale malattia.
Ciò avrebbe pesanti implicazioni per quanto riguarda la possibilità di portare a termine il piano di profilassi nazionale per l’eradicazione di tale infezione nei domestici
Ancora il cinghiale è tutt’ora chiamato in causa come ipotetico serbatoio anche per quanto riguarda la Tubercolosi, un'altra importante malattia degli animali trasmissibile anche all’uomo e per la quale è previsto un piano di eradicazione negli animali domestici.
A tutt’oggi, l’analisi delle esperienze e dei lavori scientifici elaborati, non permettono di avere certezze sul reale e/o presunto ruolo di serbatoio del cinghiale, ma confermano, comunque, che lo stesso ha un importante ruolo di “sentinella” e bio-indicatore di importanti malattie, zoonosiche e non, presenti nel territorio.
Anche per alcune malattie tipiche dei suini, come ad esempio la Peste Suina Classica e la Peste Suina Africana, alle quali il cinghiale risulta sensibile e recettivo, c’ è un enorme interesse sul ruolo del suide selvatico, sia per motivi sanitari che socio-economici. Tali malattie, infatti, oltre a rappresentare un problema di sanità animale (sono una minaccia per la popolazione dei suini domestici e per il cinghiale stesso) , sono particolarmente temute dall’industria suinicola nazionale, per le severissime misure di controllo e restrizione commerciale imposte dalla legge in caso di insorgenza di focolai in aree indenni.
Per quanto riguarda il consumo di carne di cinghiale,un’ attuale problematica igienico-sanitaria è rappresentata dalla “trichinellosi”, conosciuta malattia parassitaria degli animali, che può colpire anche l’uomo. Sporadicamente i casi umani descritti e diagnosticati (a tal proposito sembra che vi sia una sottostima dei casi rilevati rispetto a quelli realmente occorsi) sono stati imputati al consumo di carne cruda o poco cotta. In relazione a tale evidenza, già da tempo nel territorio della nostra Regione, la normativa sanitaria del settore prevede che i cacciatori di cinghiali debbano obbligatoriamente sottoporre alcuni tessuti biologici di ogni singolo capo abbattuto al test trichinoscopico, prima del consumo delle carni . Tali esami laboratoristici vengono effettuati dai Servizi Veterinari delle ASL in collaborazione, in alcune aree territoriali, con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche.
La carne di cinghiale rappresenta un ottimo alimento di alto valore biologico , nutrizionale ed organolettico.Tuttavia,cosi come avviene per altri alimenti di origine animale e vegetale, una non idonea produzione, un utilizzo scorretto ed una inappropriata igiene nella manipolazione e conservazione della materia prima o suoi derivati, può generare episodi di malattie alimentari nei consumatori (denominate comunemente “tossinfezioni alimentari”). Un’ adeguata formazione dei cacciatori in tematiche di sanità degli animali selvatici e corretto trattamento igienico delle carni da essi derivate, giocherebbe un primario ed efficace ruolo preventivo integrato da un opportuna attività di controllo sanitario da parte del Servizio Veterinario
Da quanto sopra esposto, si evince che dovrebbe essere riservata una notevole considerazione, nella sanità pubblica di tutto il territorio nazionale, alla predisposizione ed attuazione di un adeguato piano di sorveglianza sanitaria ed epidemiologica sulla fauna selvatica a tutela della salute dell’uomo, degli animali e dell’ambiente.
Nella nostra Regione sono già stati compiuti i primi passi di tale "auspicato" piano di sorveglianza. Infatti, una specifica Delibera della Giunta Regionale (n.1632 del 19/12/2005) ed un successivo Decreto del Dirigente PA Veterinaria e sicurezza alimentare” (n.157 del 16/05/2006), hanno dato il “via” ad un programma di sviluppo dell’attività di profilassi veterinaria sulla fauna selvatica ed in particolare sui cinghiali allevati ed abbattuti in stagione di caccia.
Tale programma, realizzato dai Servizi Veterinari delle Zone Territoriali - ASUR ( Azienda Sanitaria Unica Regionale ) in collaborazione con l’ Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche, si pone i seguenti obiettivi:
- predisporre un percorso formativo per il personale dei diversi settori ( personale dei laboratori di diagnostica,cacciatori e guardie provinciali,etc);
- organizzare in maniera razionale e sistematica l’attività ispettiva;
- ottimizzare il dato di sintesi rendendolo fruibile facilmente a chi deve programmare le attività di Sanità Pubblica Veterinaria
Bibliografia
“Gli ungulati in Italia” - Istituto Nazionale per la fauna selvatica “Alessandro Ghigi”
“Ungulati” - Franco Perco - Carlo Lorenzini Editore
"Lezione del corso in Patologia degli animali selvatici " - Prof. Dr. Mauro Delogu - Università degli studi di Bologna - Facoltà di Medicina Veterinaria
“Atti del convegno – Il controllo della fauna per la prevenzione dei danni alle attività socio -economiche - Aspetti sanitari della gestione del cinghiale- Prof. Ezio Ferroglio - Università degli studi di Torino - Facoltà di medicina Veterinaria
“Regione Piemonte - Assessorato agricoltura, tutela della fauna e della flora - Pubblicazione “Per una caccia consapevole”