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Rapporti con attività antropiche del capriolo

  • 20 maggio 2008
  • Autore: Redazione VeSA
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Il capriolo è un ungulato molto adattabile anche agli insediamenti urbani e/o alle numerose attività antropiche di utilizzo del territorio, purchè siano rispettate le sue necessità di coperture vegetazionali in certi periodi dell’anno.
Esso riesce a vivere anche in zone di pianura intensamente coltivate, come dimostrano i numerosi rinvenimenti ed avvistamenti in aree pianeggianti limitrofe alla costa.

L’allevamento risulta, attualmente, difficile e poco praticato anche se, esperienze positive in tal senso, sono già state positivamente percorse sia per la produzione di carne che per fini faunistici. 
Alcuni studiosi ritenevano che il capriolo fosse quasi innocuo al bosco. Recentemente, però, numerose evidenze scientifiche stanno modificando tali considerazioni. I danni provocati nel "bosco" dal capriolo, in determinate condizioni, possono essere anche "intensi" e "rilevanti".

Tale "impatto" non dipende sempre dalla "loro" densità, ma dall’assetto vegetazionale del territorio. Alcuni tratti di bosco con confini "evidenti" al suo interno e al suo limite (più semplicemente piccoli boschi ricchi di sottobosco intervallati a radure) hanno un effetto particolarmente attraente nei confronti di questa specie che, spinge generalmente gli animali a frequentare con costanza tali siti, impoverendone le performance  sotto il profilo produttivo (legname).

E’ invece assodato il suo impatto dannoso alle colture specializzate (orti, floricolture, girasole, etc), tanto che cominciano ad essere sempre più frequenti anche nella nostra regione le richieste di risarcimento danni causati da tale ungulato.
In considerazione delle sue caratteristiche "etologiche" (in particolare la massiccia  dispersione primaverile-estiva dei giovani maschi), ancor più del cinghiale risulta il coinvolgimento del capriolo in incidenti stradali.

Tale fenomeno ha già raggiunto in alcune realtà territoriali della Regione Marche (Provincia di Pesaro-Urbino) dimensioni "considerevoli" e non più sopportabili dalla collettività sotto l’aspetto socio-economico, tenuto conto anche del crescente coinvolgimento di territori delle altre province marchigiane.
Il capriolo desta notevole interesse anche sotto l’aspetto "venatorio". Esso è cacciato, in Italia, in buona parte delle province in cui è presente. Nella maggior parte di tali realtà, esso viene cacciato solo mediante sistemi "selettivi" all’interno di articolati programmi di gestione faunistica-venatoria.

Tali programmi, mirano a mantenere le consistenze territoriali su valori di densità sufficientemente equilibrati per l’ecosistema, arrivando a definire un piano di "prelievo" di un numero di capi commisurato al raggiungimento di tale equilibrio. L’abbattimento degli animali viene effettuato da "selecacciatori", appositamente formati ed autorizzati, con metodica di caccia "all’aspetto" ed utilizzo di carabina.

 

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