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La valutazione del rischio ambientale per i farmaci veterinari

  • 3 ottobre 2008
  • Autore: Redazione VeSA
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Nel corso degli ultimi anni la legislazione comunitaria e nazionale ha dato crescente importanza al medicinale veterinario sia destinato agli animali da compagnia sia destinato agli animali che producono alimenti per l’uomo.
Le motivazioni  sono da attribuire al maggior interesse assunto dalle tematiche   correlate alla protezione ed al benessere  degli animali ma anche alla consapevolezza di quanto sia importante, per la tutela della salute umana, il controllo sulla permanenza di residui di farmaci nelle derrate di origine animale e la valutazione del loro impatto sull’ambiente.

L’inquinamento ambientale da farmaci umani e veterinari rappresenta  un problema  in aumento, di non facile soluzione e correlato al fenomeno della antibiotico-resistenza.
A livello veterinario la prevenzione di tale fenomeno si basa su un corretto uso/prescrizione dei farmaci, su una capillare formazione ed informazione agli utenti (veterinari, allevatori, proprietari di animali da affezione) e sulla adozione di efficienti sistemi di depurazione.

Per questo  l’Agenzia Europea dei Medicinali  di Londra, (EMEA), nelle proprie linee guida elenca, tra gli scopi della farmacovigilanza veterinaria, il controllo dell’assenza di effetti negativi sull’ambiente ed una nutrita normativa comunitaria e nazionale è stata emanata per definire gli obblighi che debbono essere rispettati da chi produce, distribuisce ed utilizza il farmaco veterinario.

Nell’ambito degli obblighi  previsti per le aziende farmaceutiche  la direttiva (CE) 2001/82, (modificata dalla direttiva 2004/28/CE), recepita dal Decreto Legislativo 193/06, contempla la valutazione degli effetti che i farmaci veterinari possono avere sull'ambiente.
Tra i documenti che un'azienda farmaceutica sottopone all'Autorità che rilascia l’ autorizzazione all'immissione in commercio, vi è anche lo studio sull'impatto ambientale.
Tale studio  deve contenere anche informazioni sui risultati delle prove di valutazione dei rischi che il medicinale potrebbe presentare per l'ambiente e devono essere previste, caso per caso, disposizioni specifiche volte a limitare gli effetti negativi per l’ambiente.
Sin dal 1992, anno in cui è stata emanata la Direttiva (CE) 1992/18, lo studio di valutazione di impatto ambientale dei farmaci veterinari è condotto in due fasi.
La fase I si riferisce all'entità dell' esposizione ambientale, la fase II al destino e agli effetti delle sostanze attive liberate nell' ambiente.
Per quanto riguarda la conduzione della fase I, a livello europeo le aziende farmaceutiche sono tenute a seguire la linea guida VICHGL6 del 2000 (Veterinary International Conference on Harmonization), mentre le modalità di conduzione degli studi per la fase II sono delineate nella linea guida VICH GL38 del 2004.
Accanto a tali linee guida l’EMEA, sta completando la linea guida  EMEA/CVMP/ERA/41282/2005 che rappresenta una guida tecnica più specifica e integra le precedenti linee guida del VICH soprattutto nei punti in cui queste fanno riferimento a indicazioni di ordine regionale.
Gli studi di valutazione del rischio ambientale sono obbligatori per tutte le nuove richieste di autorizzazione all’immissione in commercio di farmaci veterinari, sia a livello centralizzato che a livello nazionale nei singoli Stati membri della UE.
Anche i farmaci generici possono essere autorizzati solo se nel dossier presentato alla Autorità competente per il rilascio della autorizzazione è presente la parte relativa allo studio sull’impatto ambientale. Il riferimento agli studi presenti nel dossier originale da cui deriva la richiesta di autorizzazione per il generico è possibile solo nel caso in cui vi sia la esplicita autorizzazione dell’azienda farmaceutica titolare dall’autorizzazione all’immissione in commercio del farmaco di origine.

Dal punto di vista scientifico uno studio di valutazione ambientale di un farmaco veterinario dovrebbe essere valido anche per un prodotto similare contenente lo stesso principio attivo e determinante un uguale esposizione ambientale, nel caso di parametri di prodotto quali dose, specie e via di somministrazione equiparabili.
Tale principio depone a favore della cooperazione tra aziende farmaceutiche che sono esortate a condurre studi di valutazione ambientale assieme, condividendo i dati.
La valutazione del rischio indaga il possibile destino, l’esposizione e gli effetti del prodotto, ed è strutturata seguendo l’approccio del quoziente di rischio.
Il quoziente di rischio è definito come il rapporto tra la concentrazione ambientale prevista (predicted enviromental concentration -PEC) e la concentrazione prevista priva di effetti (predicted no-effect concentration -PNEC), ed indica la probabilità che si verifichi un effetto avverso.
Nella fase I, lo studio dove valutare la potenziale entità dell’esposizione dell’ambiente al farmaco, al suo principio attivo e ad altri costituenti, tenendo in considerazione:
  • La specie di destinazione, e il modo previsto di utilizzo
  • Le caratteristiche dei costituenti il prodotto medicinale veterinario
  • Le modalità di somministrazione
La fase I prevede la determinazione di alcuni valori soglia che indicano se lo studio deve proceder con la fase II o se è sufficiente la fase I.
Qualora i risultati degli studi di fase I indichino che è necessaria una fase II, questa si concentrerà su:
  • Destino e comportamento nel suolo, acque e letame
  • Effetti sugli organismi acquatici
  • Effetto sulle specie diverse da quella di destinazione
 
Se i risultati degli studi non possono escludere la possibilità di un rischio ambientale correlato alla sostanza attiva esaminata (o ai suoi metaboliti), la procedura prevede l’adozione di una serie di misure di sicurezza e precauzione, tese a mitigare, per quanto possibile, l’esposizione dell’ambiente al farmaco.
Il più importante fattore di mitigazione è rappresentato dalla indicazione dei potenziali rischi per l’ambiente nelle etichette, nei foglietti illustrativi e nei riassunti delle caratteristiche dei medicinali veterinari. Saranno elencate indicazioni in merito alle precauzioni particolari a cui attenersi per lo stoccaggio e la somministrazione dei farmaci, con lo scopo di favorire un corretto smaltimento, informando operatori sanitari, allevatori, proprietari sui potenziali rischi ambientali correlati.
I depuratori urbani rappresentano un altro importante punto di limitazione dell’inquinamento ambientale da farmaci, ma gli impianti di trattamento del giorno d’oggi non sono ancora in grado di rimuovere i farmaci in maniera efficace.
L’efficienza della depurazione potrebbe comunque essere migliorata, specialmente prevedendo l’impiego di trattamenti terziari delle acque di scarico come la filtrazione a membrana e l’ozonazione.
Tuttavia, in attesa del miglioramento delle tecniche di depurazione, l’educazione e l’informazione per uno smaltimento appropriato e per un uso proprio e consapevole dei farmaci, rappresentano un nodo centrale per riuscire a ridurre il carico di sostanze attive che si riversano nell’ambiente,  e mitigarne così i potenziali rischi.
 

BIBLIOGRAFIA

1) Directive 2001/82/EC of the European Parliament and of the Council of 6 November 2001 on the Community code relating to veterinary medicinal products (Official Journal L 311, 28/11/2001 p. 1 - 66). Amended by Directive 2004/28/EC of the European Parliament and of the Council of 31 March 2004 amending Directive 2001/82/EC on the Community code relating to veterinary medicinal products (Official Journal L 136, 30/4/2004 p. 58 - 84).

 
2) I farmaci: inquinanti ambientali ubiquitari
Ettore Zuccato, Sara Castiglioni, Renzo Bagnati, Roberto Fanelli
Dipartimento Ambiente e Salute, Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”
 

3) VICH1GL6/2000

4) VICH GL38/2004
 

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ultimo aggiornamento 3 ottobre 2008

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