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IL LEVAMISOLO

  • 10 dicembre 2008
  • Autore: Redazione VeSA
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Il levamisolo è un medicinale antielmintico ad ampio spettro appartenente alla classe degli imidazotiazolici a lungo usato in bovini, ovini, suini e pollame.

La via di somministrazione del farmaco può essere sottocutanea od orale ed ha effetto paralizzante sui parassiti per prolungata contrazione muscolare (stimolazione gangliare colinomimetica).

Ha un tempo di sopensione di 14 giorni nel bovino e di 7/14 negli ovi-caprini ed è vietato utilizzarlo in lattazione.

Nell’organismo ha un’ampia diffusione dato che passa la barriera emato-encefalica e viene inattivato nel fegato ed escreto per via urinaria.

In relazione alla modalità di somministrazione il levamisolo ha una tossicità nel ratto variabile da moderata ad acuta (DL 50 a 20mg/kg in caso di somministrazione endovenosa e 200-500 mg/kg per la via orale).

In uno studio che prevedeva la somministrazione di levamisolo nel cane durato un anno, il principale effettto tossico è stata l’anemia emolitica e il NOEL è stato di 5/mg/kg/giorno.

Non si è a conoscenza di studi relativi agli effetti carcinogenetici del levamisolo.
La somministrazione di levamisolo a dosi fino a 160 mg/kg/giorno non ha determinato effetti sulla fertilità di ratti di sesso femminile. Somministrato in varie fasi della gestazione a ratti e conigli il levamisolo non ha mostrato effetti teratogeni.
 
Negli animali i segni di intossicazione da levamisolo sono: salivazione, scuotimento della testa, tremori muscolari, eccitazione, vomito, iperestesia, coliche, diarrea, collasso caridaco. Nel cavallo la dose terapeutica è vicina a quella letale.
 
Come nel caso degli antibiotici anche per gli antiparassitari si sta sempre piu’ delineando la necessita’ di tenere in considerazione gli aspetti collegati alla resistenza.
Le prime segnalazioni relative all’insorgenza di fenomeni di resistenza al levamisolo risalgono al 1976.
I parassiti tendono a divenire resistenti al levamisolo attraverso la modifica strutturale del recettore nicotinico muscolare. Tra le misure volte a ridurre il rischio di insorgenza di resistenza ai famaci antiparassitari vi sono:
  • Rotazione dei farmaci ogni 1-2 anni
  • Minor utilizzo possibile
  • Accurato dosaggio
  • Trattamento immediato degli animali introdotti in un nuovo ambiente
  • Preferenza per gli animali geneticamente refrattari alle infestazioni
 
Il levamisolo usato nell’uomo anche come immunomodulatore, si è dimostrato in grado di causare sia in vitro che in vivo la rottura dei cromosomi dei linfociti umani in volontari che hanno assunto il prodotto alla dose di 2,5 mg/kg.
Tra gli effetti non specifici segnalati nell’uomo in seguito ad esposizione al levamisolo vi sono nausea, vomito, rush cutanei, neutropenia e trombocitopenia. Tuttavia l’effetto più comune e più serio è rappresentato dalla agranulocitosi.
Si tratta di una condizione reversibile che però può risultare fatale in caso di concomitante infezione.
Nell’uomo non è possibile stabilire un NOEL e se esiste è probabilmente molto basso sicchè il margine di sicurezza per tale farmaco è piuttosto limitato.
 
Uno studio nei bovini, in cui sono stati somministrati 8mg/kg di levamisolo, ha permesso di riscontrare, a 12 ore dalla somministrazione, quantitativi di levamisolo di 0.50, 0.55, 0.58, e 0.32 ppm rispettivamente nel caso di somministrazione di pasta, mangime, bolo o iniettiva di levamisolo
 
 
 
 
Ultima modifica: 10 dicembre 2008
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