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Tuber Melanosporum

  • 21 gennaio 2013
  • Autore: Redazione VeSA
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Tuber Melanosporum Vittadini 1831
 (Etim.: dal greco mélas = nero, e sporà = seme, spora)
Nome comune: Tartufo nero pregiato. Nero dolce.
 
 
Classe: Ascomycetes
Ordine: Pezizales
Famiglia: Tuberaceae
Genere: Tuber
 
Carpoforo: ipogeo, globoso tendente alla forma sferoidale, assume sovente forme molto irregolari quando cresce su terreno ciottoloso. Ha dimensioni, mediamente, da quelle di una noce a quelle di un’arancia; il peso va da pochi grammi a 40/150 g , non di rado raggiunge i 200/300 g e solo eccezionalmente di più.
 
Peridio: rossiccio quando immaturo segnatamente nelle prime comparse di fine estate, anche affioranti sul terreno, trascorsi circa 30 giorni da piogge consistenti (almeno 40/60 mm). Bruno molto scuro/nero a maturità, spesso con macchie ferruginose e molto aderente alla gleba. E’ formato esternamente da verruche a base poligonale appiattite alla sommità.
 
Gleba: compatta, dapprima chiara, se acerba, nelle produzioni precoci di fine novembre/ primi di dicembre. A maturità nero – violacea con vene sterili sottili, ben definite, molto ramificate spesso affioranti sul peridio, biancastre e rosseggianti all’aria.
 
 
Aroma: odore aromatico, fruttato, gradevole e delicato, a volte intenso, ma che si attenua con la cottura che gli conferisce un sapore squisito. E’ il tartufo alimentare per eccellenza, molto digeribile, il più cucinato al mondo.
 
Microscopia: aschi globosi, ialini, sessili o con un corto peduncolo, contengono da 1 a 4 spore, più raramente 6. Le spore sono ellissoidali dapprima ialine poi giallastre ed infine bruno – nerastre a maturazione, ornate (episporio) densamente da aculei robusti, singoli, diritti e rastremati all’apice. Le spore misurano micron 20-25 x 30-40. Al microscopio ottico gli aculei appaiono regolarmente distribuiti sulla superficie della spora, a differenza di quelli di Tuber Indicum che emergono riuniti “a ciuffi”.
 
Habitat: si riproduce, ipogeo, su terreni calcarei, con PH > 7,5, sciolti, permeabili e, se argillosi mitigati dalla presenza di abbondante scheletro, su esposizioni di norma ariose e soleggiate dai 100 ai 1000 m s.l.m., rifugge i ristagni idrici ed i luoghi ombrosi di fondo valle. I punti di crescita si riconoscono facilmente perché il micelio, a maturità, provoca la scomparsa di molte erbe spontanee formando i cosiddetti “pianelli” o “bruciate” nei pressi dei quali si formano i carpofori. Più selettivo per  condizioni edafiche e microclimatiche rispetto a Tuber Aestivum e Tuber Brumale, vive in simbiosi elettiva con roverella, ma anche con leccio, capino nero, nocciolo, cistus incanus e sporadicamente con cerro.
 
Matura da fine novembre a marzo.
 
Il periodo di raccolta va dal 1° dicembre a 15 marzo (L. R. n. 16/03).
 
Commestibilità: ottimo commestibile.
 
Osservazioni: tartufo coltivato sin dalla prima metà dell’800 in Francia, è il tartufo più coltivato al mondo soprattutto nella stessa Francia, in Italia, in Spagna ed addirittura  anche in Nuova Zelanda ed in Israele. La drastica diminuzione delle produzioni spontanee di questo tartufo, dovuta a diversi fattori ambientali ed economico-sociali, l’alto valore gastronomico e la forte richiesta del mercato hanno stimolato, soprattutto negli ultimi decenni, studi scientifici approfonditi che hanno prodotto sistemi di coltivazione sempre più efficienti, tant’è che attualmente quasi il 90% della produzione mondiale proviene da piantagioni “artificiali”.  Negli ultimi tempi però, è fortemente aumentato il pericolo di frodi per la stretta somiglianza somatica di Tuber Melanosporum con il cinese Tuber Indicum, tartufo quest’ultimo (non commercializzabile in Italia) con caratteristiche organolettiche di scarsissimo valore (aroma quasi inesistente); per non parlare poi del rischio biologico reale di inquinamento e sostituzione delle micorrize sia in ambiente spontaneo, ma soprattutto nelle coltivazioni.
Nella nostra regione i terreni più vocati alla produzione di Tuber Melanosporum si trovano all’interno e nelle province centro-meridionali, dove è anche attivamente coltivato---. Si sono ottenuti ottimi risultati di coltivazione anche in zone della regione, con particolari caratteristiche chimico-fisiche del terreno, dove questo fungo non cresce spontaneamente.
 
 
Bibliografia:
 
-                    Il tartufo e la sua coltivazione – Lorenzo Mannozzi Torini
-                    Umbria terra di tartufi – B. Granetti, A. De Angelis, G. Materozzi
-                    I tartufi del Piceno – Alberto Mandozzi
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