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Tubercolosi Bovina nelle Marche: nuovo focolaio nel Comune di Matelica

  • 29 agosto 2013
  • Autore: Redazione VeSA
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Il 9 aprile 2013 è stata notificata al Sindaco di Matelica (MC) la presenza di Tubercolosi bovina nell’azienda zootecnica F.lli Lorenzotti Aldo e Giancarlo SNC, codice aziendale 024MC091.

L’infezione è stata rilevata durante il normale controllo annuale con prova tubercolinica, effettuato il 4 aprile e in occasione del quale sono risultati positivi 20 capi.

Nella stessa zona, dal 2002 l’infezione da Mycobacterium bovis è stata rilevata in bovini allevati al pascolo e in cinghiali selvatici abbattuti da un’unica squadra di caccia (sq.45) nell’area corrispondente ai pascoli delle mandrie oggetto dell'attuale focolaio.

I dati relativi agli isolamenti di Mycobacterium bovis da cinghiali e bovini dal 2002 ad oggi evidenziano come tutti i ceppi isolati appartengano allo stesso spoligotipo e abbiano lo stesso profilo ETR.

L’ipotesi è quindi che lo stesso ceppo di M. bovis sia stato mantenuto attivo nell’ecosistema dell’area a rischio da un serbatoio d’infezione.

In seguito alla positività, anche le capre sono state sottoposte a IDT, in nessun capo è stata rilevata una reazione locale, in 15 capi è stata rilevata una reattività del linfonodo locale. 6 capi con reattività linfonodale sono stati sottoposti a macellazione esplorativa; all’ispezione post mortem non sono state rilevate lesioni attribuibili a Tubercolosi, sono state rilevate però lesioni ascessuali attribuibili a Pseudotubercolosi, parassitosi intestinali e polmoniti.
Su tutti i capi sono stati effettuati prelievi di linfonodi e organi da sottoporre a ricerca del Mycobacterium bovis.

Infine, è necessario sottolineare che sono pervenute al Servizio Veterinario, competente per territorio, nel 2013 numerose segnalazioni della presenza di bestiame allo stato libero con capi sprovvisti di marca auricolare e capi marcati ma non avvicinabili perché indocili e inselvatichiti nel territorio del comune di Matelica, che si estende dal Monte san Vicino ai prati di Gagliole.

E’ consuetudine in questa zona che  gli animali allevati vengono trasferiti nelle aree di pascolo montano per tutto il periodo primaverile-estivo-autunnale. Durante questo lungo periodo di pascolamento gli animali d’allevamento (bovini-ovini-equidi) entrano in contatto diretto e indiretto con la fauna selvatica condividendo sia la risorsa alimentare che quella idrica.
La mancanza di adeguate recinzioni finalizzate al contenimento degli animali d’allevamento nelle aree pascolative genera una promiscuità tra animali di allevamenti diversi e gli stessi selvatici della zona.
Tale situazione crea importanti criticità per l’attuazione del piano di risanamento della tubercolosi in quanto non permette il controllo di tutto l’effettivo dei capi bovini presenti nella zona con IDT.

Questa condizione, di fatto, influenza negativamente l’attuazione delle misure di risanamento degli allevamenti di bovini.

E’ comunque evidente che il Mycobacterium bovis è agente eziologico di malattia associato principalmente alla specie bovina che, quindi, deve essere considerata come la specie target naturale da controllare al 100% nella popolazione di riferimento.

Per una corretta valutazione della contaminazione tubercolare dell’area interessata e del meccanismo che ha contribuito al mantenimento dell’agente eziologico nell’ambiente bisogna considerare anche il ruolo degli animali sensibili al Mycobacterium bovis che muoiono sui luoghi e che sono potenzialmente malati di tubercolosi, diventando anche fonte di cibo per altre specie di animali selvatici.

Al fine di limitare questo fenomeno è necessario che gli animali d’allevamento spostati sui pascoli montani vengano opportunamente confinati con adeguate recinzioni gestendo le eventuali mortalità con il recupero delle carcasse per gli accertamenti sanitari del caso ed il successivo invio alla distruzione tramite incenerimento come previsto dalle norme specifiche comunitarie.

L’attuazione della misura sanitaria di recupero del 100% degli animali d’allevamento spostati su quest’area di pascolo, sia degli animali vivi a fine stagione e sia degli animali che muoiono sui luoghi, richiede un forte cambiamento culturale del settore agro-zootecnico e tecnico amministrativo  degli Enti locali competenti per la gestione del territorio.

I prati di montagna costituiscono un habitat assai ricco e articolato che entra negli equilibri ambientali della biodiversità per il cui mantenimento è necessaria una attiva azione antropica. 

Il risanamento dell’area interessata dal problema della tubercolosi può trovare la sua realizzazione nell’attuazione di strategie di recupero e valorizzazione del territorio con l’armonizzazione delle misure sanitarie, delle buone pratiche zootecniche, della corretta gestione ed uso del territorio.

Le indagini epidemiologiche del caso supportano l’ipotesi che l’infezione della mandria possa essere  avvenuta sui pascoli dell’area montana del Monte San Vicino, versante del comune di Matelica, durante la precedente stagione di pascolo.

In tale ambiente gli animali selvatici sensibili alla tubercolosi possono rivestire  un importante ruolo sanitario. Infatti, alcune specie di animali selvatici (capriolo, cinghiale, tasso, volpe, lupo ecc) sono importanti bio-indicatori per rilevare la presenza nell’ambiente di diversi agenti infettivi tra cui i micobatteri tubercolari.

Quest’area geografica non è nuova al problema, infatti  le lesioni anatomo-patologiche da tubercolosi sui cinghiali regolarmente cacciati e portati alla visita ispettiva veterinaria, sono segnalate con una certa costanza.
Ciò dimostra la persistenza del Mycobacterium bovis nell’ambiente riaprendo l’annoso dibattito sull’individuazione degli animali che hanno assunto il ruolo di serbatoio della malattia in quel contesto.

Dato il coinvolgimento dei capi bovini allevati nell’infezione da tubercolosi, per i quali non è possibile ipotizzare la trasmissione della malattia attraverso altre vie al di fuori di un contatto diretto o indiretto avvenuto nelle medesime aree di pascolo ed il costante rinvenimento di cinghiali selvatici positivi , è auspicabile attuare una serie di strategie di intervento che coinvolgano, sia gli animali d’allevamento che il territorio di pascolo dove la persistenza e la circolazione delMycobacterium bovis è consolidata.



Di seguito una breve cronistoria sulla presenza dell’infezione dal 2002 a oggi (Fonte CERV Regione Marche - proposta di "Piano d'azione su focolaio di Tubercolosi bovina nel Comune di Matelica" del 29/08/2013):

- 2002: da un cinghiale abbattuto nella zona di pascolo compresa tra i comuni di San Severino Marche, Gagliole, Matelica di seguito definita area a rischio, con polmonite cronica evolutiva attribuibile a TBC, viene isolato Mycobacterium bovis. Dal 2002 in poi viene avviata un’attività di sorveglianza sulle carcasse di cinghiali cacciati nella zona.

- 2004: da due carcasse di cinghiali abbattuti a caccia dalla squadra 45 vengono rilevate lesioni tubercolari e viene isolato il Mycobacterium bovis con spoligotipo corrispondente ai precedenti isolati;

- 2005: nell’allevamento di bovini 024MC075 di Matelica viene rilavata la presenza di Tubercolosi. Si tratta di un allevamento di linea vacca-vitello di circa 100 capi, allevati al pascolo. I controlli effettuati per il risanamento di questo focolaio sono risultati di difficile esecuzione a causa delle caratteristiche dell’allevamento, situato in montagna e con gli animali allo stato brado.
La prevalenza d’infezione è risultata compresa tra l’11 e il 35%, l’incidenza tra l’11 e il 50% (la frequenza di malattia è stata calcolata solo su un campione di animali, nell’impossibilità di saggiare tutto l’effettivo).
La circolazione del M. bovis è stata confermata dall’isolamento del Mycobacterium bovis dagli organi dei bovini abbattuti.
Vista le difficoltà di effettuare il risanamento del focolaio in modo tempestivo, si è proceduto, tra maggio e settembre 2005 all’abbattimento totale degli animali presenti in allevamento e allo stato brado.
Per quanto riguarda gli animali selvatici nel 2005 sono stati 5 i cinghiali abbattuti a caccia dalla squadra 45, con Tubercolosi e isolamento del ceppo in questione.

- 2006: 1 cinghiale abbattuto a caccia dalla squadra 45 con Tubercolosi.

- 2011: 1 cinghiale abbattuto a caccia dalla squadra 45 con Tubercolosi (su un totale di 9.364 cinghiali abbattuti e controllati).

- 2012: 2 cinghiali abbattuti a caccia dalla squadra 45 con Tubercolosi (su un totale di 10.762 cinghiali abbattuti e controllati).

Al 29/08/2013 non sono state registrate positività in cinghiali, su un totale di 3.136 soggetti abbattuti e controllati.



Sintesi di alcune evidenze scientifiche bibliografiche:

I bovini manifestano una forte sensibilità nei confronti del Mycobacterium bovis e le evidenze scientifiche lo identificano come agente morbigeno anche nei suidi, nei carnivori nonché in numerosi animali selvatici (cervidi,  volpi, cinghiali e tassi), che, in molti casi, assumono il ruolo di serbatoio per il micobatterio bovino mantenendo l’infezione allo stato endemico (E. Ferroglio et al, 2004).

Esistono alcune osservazioni scientifiche che indicano che nel caso in cui alcune popolazioni di cinghiali possano essere considerate verosimilmente ospite di mantenimento di M. tuberculosis-complex (es. in alcune aree mediterranee -  Spagna), esse lo rappresentano soltanto in particolari condizioni ecologiche, gestionali, di densità della specie sul territorio e di livelli elevati di prevalenza (A. Coccollone et al, 2010) .

Al contrario, un’ampia bibliografia nazionale e internazionale riguardante studi sul ruolo dei selvatici nel mantenimento della tubercolosi nell’ambiente concludono che è poco probabile l’ipotesi che il cinghiale rappresenti un reservoir silvestre dell’infezione tubercolare. Questo ospite merita maggiore interesse come indicatore sensibile del livello di contaminazione ambientale da parte di micobatteri (Corner et al, 1981; McInerney et al, 1995; Smith, 1997; V. Dini et al, 2003).

 


 

Ultima modifica: 30 agosto 2013

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