L’etichettatura dei prodotti alimentari consente ai consumatori di compiere scelte consapevoli in relazione agli alimenti che consumano e di prevenire qualunque pratica in grado di indurli in errore.
Il Regolamento CE n. 1169/2011 contribuisce ad uniformare la legislazione dei singoli Paesi e rientra nel lungo percorso normativo tracciato dall’Unione europea per una libera circolazione di alimenti sicuri.
Tale norma si applica a decorrere dal 13 dicembre 2014, ad eccezione dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera l), che si applica a decorrere dal 13 dicembre 2016 e dell’allegato VI, parte B, che è già vigente dal primo gennaio 2014 (Regolamento CE n. 1169/2011 art. 55), e regola l'etichettatura degli alimenti in generale.
Il Regolamento CE n. 1379/2013 riguarda in modo specifico l’etichettatura dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura (per prodotti della pesca e dell'acquacoltura si intendono quelli di cui all'allegato I di tale Regolamento, come definito dall'art. 2 - Ambito di applicazione).
Va precisato che anche quest'ultima norma, per quanto previsto al capo IV, Informazione dei consumatori - art.35-36-37-38-39, e all'art.45, si applica a decorrere dal 13 dicembre 2014 (Reg.1379/2013 art. 49).
Il Decreto Legislativo n.109/1992, e successive modifiche e integrazioni, regolamenta in Italia fattori concernenti l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari.
In caso di vendita al consumatore finale di prodotti della pesca e dell'acquacoltura (siano essi freschi o congelati) tra le informazioni da riportare obbligatoriamente
- in etichetta (art.8 del Reg. 2065/2001)
- o marchio adeguato (art. 68 del Reg. CE n.404/2011)
- o contrassegno o etichettatura adeguati, e per i prodotti non preimballati cartelloni pubblicitari o poster (art.35 del Reg. CE n.1379/2013)
vi sono:
- nel caso di prodotti pescati in acque dolci va indicato il nome dello Stato membro o Paese terzo di origine del prodotto (Reg. 2065/2001 art. 5), mentre come previsto dal Reg. 1379/2013 art.38, in applicazione dal 13 dicembre 2014, la menzione del corpo idrico di origine dello Stato membro o del Paese terzo di origine del prodotto
- in caso di prodotti di allevamento, va riportato per esteso il nome del Paese ove ha avuto luogo la fase finale di sviluppo del prodotto ittico. La fase finale di allevamento viene puntualmente dettagliata dal Reg. 1379/2013 art.38, in applicazione dal 13 dicembre 2014
- la categoria di attrezzi da pesca usati nella cattura di pesci (es. reti da traino, reti da circuizione e reti da raccolta, ecc. come indicato nell'art 35 punto 1 lett. c del Reg.1379/2013 - prima colonna Allegato III, informazione obbligatoria dal 13 dicembre 2014);
- Se un prodotto della pesca o dell'acquacoltura è stato precedentemente congelato, e poi scongelato, il termine «scongelato» deve essere riportato in etichetta. (es. gamberi scongelati - Reg. 404/2011 art. 68 punto 3). L'assenza della dicitura «scongelato», a livello della vendita al dettaglio, indica che i prodotti della pesca e dell'acquacoltura non sono stati precedentemente congelati e quindi scongelati (Reg. 404/2011 art. 68 punto 3 ); l'indicazione relativa allo stato fisico in cui si trova il prodotto è prevista inoltre dall'art. 4, comma 3, del Decreto Legislativo n.109/1992 e successive modifiche e integrazioni, se l'omissione di tale indicazione può creare confusione nell'acquirente. L'esposizione e la vendita del prodotto "scongelato" dovrebbe avvenire in banchi o settori separati da quelli nei quali vengono venduti i prodotti freschi; è inoltre opportuno che il prodotto decongelato sia identificabile attraverso diciture quali ad esempio "pesce decongelato, da consumarsi entro le 24 ore e da non ricongelare" (come indicato nella nota del Ministero della Salute 0010026-P-02/08/2007 DGSAN - nota riservata agli operatori sanitari ASUR Marche provvisti di credenziali);
- per i prodotti congelati, nelle fasi precedenti la vendita al consumatore finale, va inoltre messa a disposizione la data di produzione e di primo congelamento, come previsto,dal Regolamento CE n. 16/2012.
- il termine minimo di conservazione, se appropriato (Reg.1379/2013 art. 35) informazione obbligatoria dal 13 dicembre 2014.
Nel caso sia posto in vendita un miscuglio il Regolamento CE n. 2065/2001, come meglio precisato nella Circolare 27 maggio 2002 n. 21329, stabilisce prescrizioni diverse, in particolare per:
- miscugli di specie diverse
devono essere fornite, per ciascuna specie presente nel miscuglio, la denominazione commerciale, il metodo di produzione e zona di cattura (art.6 del Regolamento CE n. 2065/2001), unitamente al nome scientifico (art.8 del Reg. 2065/2001 e art. 68 del Reg. CE n.404/2011). Quando il metodo di produzione e la zona di cattura sono comuni a tutte le specie presenti nel miscuglio, l’informazione relativa può tuttavia essere fornita in forma comune (Circolare 27 maggio 2002 n. 21329);
- miscugli di specie identiche il cui metodo di produzione sia diverso
occorre indicare il metodo di produzione di ogni partita (art.6 del Regolamento CE n. 2065/2001 e art. 35 del Reg. CE 1379/2013) ovvero di ciascuna frazione presente nel miscuglio, ferme restando le altre indicazioni relative al nome commerciale ed alla zona di cattura o di allevamento (Circolare 27 maggio 2002 n. 21329);
- miscugli di specie identiche la cui zona di cattura o di allevamento siano diverse
occorre indicare almeno la zona della partita quantitativamente più rappresentativa (art.6 del Regolamento CE n. 2065/2001 e art. 35 del Reg. CE 1379/2013), aggiungendo l’avvertenza che le altre frazioni presenti nel miscuglio provengano anche esse da zone di cattura diverse (se trattasi di prodotti della pesca) o da Paesi diversi (se trattasi di prodotti d’allevamento), senza che occorra specificarle (Circolare 27 maggio 2002 n. 21329).
Come indicato nell’art.8 del Reg. 2065/2001, e successivamente chiarito nella Circolare 27 maggio 2002 n. 21329, le informazioni al consumatore devono essere disponibili lungo ogni stadio di commercializzazione.
Per quanto riguarda la denominazione commerciale e scientifica, il metodo di produzione e la zona di cattura, le informazioni sono fornite con l’etichettatura o l’imballaggio del prodotto oppure mediante un qualsiasi documento commerciale di accompagnamento della merce, compresa la fattura, oppure mediante un documento commerciale che accompagna fisicamente la partita (art. 67 del Reg. CE n.404/2011).
Riguardo alla denominazione, al momento dell’attribuzione del nome commerciale della specie in italiano e latino, cadere in errore prevede in primo luogo salate sanzioni ed inoltre è molto semplice per vari motivi: innanzitutto di frequente i nomi commerciali in italiano possono anche accomunare prodotti molto simili ma non della stessa specie sistematica (tipico è il caso della “Gallinella o Cappone”, termine con il quale possono essere chiamate ben sei specie, tra cui le più famose “Trigla lyra” e “Trigla lucerna”).
A volte vengono erroneamente impiegate diverse espressioni scientifiche per la stessa specie, a causa di una nomenclatura che purtroppo può subire cambiamenti repentini, ai quali un Operatore del Settore Alimentare (OSA) deve adeguarsi in virtù del fatto che i nomi in latino sono quelli che dovrebbero permettere di capire quale prodotto stiano effettivamente vendendo o acquistando.
A generare ulteriore confusione vi è la tradizione di attribuire ad una medesima specie un nome dialettale differente tra città e città, anche a pochi chilometri di distanza, nome che però non viene impiegato nel momento di comporre un’etichetta.
Le corrette denominazioni commerciali in italiano e latino da trascrivere su un’etichetta vengono riportate su Decreti pubblicati sistematicamente dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (MIPAAF), decreti che rappresentano l’unico riferimento normativo.
Ad ogni modo sono presenti sul web numerosi siti internet che richiamano i Decreti ed organizzano in ordine alfabetico le denominazioni in esse previste; tali elenchi organizzati rappresentano un'utile risorsa per mantenere aggiornati anche i propri elenchi di denominazioni commerciali e scientifiche.
Il MIPAAF ha emanato una lista di denominazioni ufficiali in italiano ed in latino per le specie ittiche di interesse commerciale, con il Decreto 31/01/2008 (GU n. 45 del 22-2-2008) "Denominazione in lingua italiana delle specie ittiche di interesse commerciale - Modifiche ed integrazioni dell'elenco di cui al decreto 25 luglio 2005 " che modifica ed integra il precedente elenco ufficiale (D.M. 25/07/05).
Con la globalizzazione dei mercati, dei traffici commerciali e la crescente importazione di specie ittiche da paesi terzi, si è reso necessario il frequente aggiornamento di tali elenchi, che riportano le denominazioni ufficiali da impiegare per specie ittiche sia autoctone che alloctone.
È compito dell'Autorità sanitaria di controllo provvede a stabilire la denominazione provvisoria nel caso di commercializzazione di specie non incluse negli elenchi ufficiali, dandone comunicazione al MIPAAF (Decreto Ministeriale 27/03/2002).
Di seguito viene riportato l’elenco degli ultimi Decreti aggiornato al mese di aprile 2014:
I Decreti con gli elenchi delle denominazioni in italiano e latino delle specie ittiche, anche organizzati secondo un indice alfabetico per nome latino o per denominazione italiana, sono consultabili e scaricabili anche in una sezione del sito della Regione del Veneto dove periodicamente vengono pubblicati.
Altro strumento messo a disposizione sia dell’Operatore del Settore Alimentare che delle Autorità competenti è Ittiobase, un database gestito dall’Istituto Zooprofilattico delle Venezie, in cui sono raccolte schede tecniche di facile consultazione su tutte le specie ittiche.
Tramite un semplice motore di ricerca, si possono scaricare le schede tecniche riferite alla specie di interesse, in cui sono reperibili, oltre ad informazioni di carattere generico (corretta nomenclatura, zone di distribuzione) anche i nomi più comunemente utilizzati per ciascuna specie nella lingua dei vari paesi della Comunità europea, dati riguardanti caratteristiche commerciali e i problemi collegati alla sicurezza alimentare e alle frodi.
I riferimenti normativi sopra riportati, sono solo indicativi, non hanno carattere di ufficialità, e non prendono in considerazione le informazioni supplementari facoltative (come ad esempio quelle indicate nell'art. 39 del Reg. CE 1379/2013) che possono essere fornite su base volontaria da parte dell'Operatore del Settore Alimentare.
Autori
Dott. A. Massi
Dott.ssa V. Gentili
Dott.ssa A. Capozucca
data di pubblicazione: 14 luglio 2014