Il 19/02/2016 l’Istituto Superiore di Sanità, su richiesta del Ministero della Salute, ha pubblicato un parere relativo al consumo dell’olio di palma ed alle possibili conseguenze sulla salute.
L’olio di palma deriva dalla polpa del frutto della palma da olio ed è un grasso di consistenza solida a temperatura ambiente. In forma grezza è anche conosciuto come olio di palma rosso, per la sua colorazione derivante dall’elevata presenza di carotenoidi. In Europa l’olio di palma è però utilizzato solo dopo raffinazione, nella forma incolore quasi del tutto priva di carotenoidi.
E’ possibile ricavare un olio anche dai semi della palma: è un olio diverso, chiamato olio di palmisto, utilizzato in ambito alimentare quasi esclusivamente per glasse e decorazioni dei prodotti dolciari. La quasi totalità dell’olio di palma viene prodotta in Indonesia e Malesia e viene utilizzata prevalentemente (80% circa) nel settore alimentare (olio per frittura, margarine, prodotti di pasticceria e da forno, e gran parte dei prodotti alimentari trasformati), la restante parte è utilizzata nel settore dei cosmetici, saponi, lubrificanti e prodotti farmaceutici, e solo per una piccolissima percentuale (1%) per la produzione di biodiesel.
L’olio di palma è una rilevante fonte alimentare di acidi grassi saturi: è infatti composto per il 50% da acidi grassi saturi (quasi esclusivamente acido palmitico), per il 40% da acidi grassi monoinsaturi (acido oleico) e per il restante 10% da acidi grassi poliinsaturi (acido linoleico).
L’elevato contenuto di grassi saturi conferisce all’olio di palma consistenza solida a temperatura ambiente. Solamente il burro ha un contenuto percentuale di acidi grassi saturi simile a quello dell’olio di palma, mentre l’olio di cocco mostra contenuti ancora superiori.
Le matrici grasse solide a temperatura ambiente, quindi a prevalenza di acidi grassi saturi, trovano impiego nella gran parte dei prodotti alimentari poiché contribuiscono a conferire gusto, friabilità e croccantezza; inoltre sono più resistenti ai processi di ossidazione e irrancidimento.
La letteratura scientifica riporta che gli effetti negativi sulla salute dell’olio di palma sono riconducibili all’elevato contenuto di acidi grassi saturi rispetto ad altri grassi alimentari.
Una vasta letteratura scientifica ha messo in evidenza l’associazione tra consumo in eccesso di questa classe di grassi e l’aumento del rischio di malattie cardiovascolari, di infarto e di malattia coronarica, anche se la questione è attualmente sotto i riflettori della ricerca.
E’ comunque valida la raccomandazione dei principali organismi sanitari nazionali e internazionali di mantenere l’assunzione di grassi saturi al di sotto del 10% dell’energia quotidiana.
L’assunzione degli acidi grassi saturi attraverso la dieta è comunque necessaria per permettere un’adeguata crescita, soprattutto fino a due anni di vita. Gli acidi grassi saturi esercitano infatti numerose funzioni fisiologiche: sono componenti delle membrane cellulari, regolano la comunicazione intra-cellulare, sono precursori di ormoni.
Nel parere viene illustrata una stima di assunzione di acidi grassi saturi nella popolazione, pur con molti limiti dovuti alla difficoltà di determinazione dei consumi effettivi e dell’eterogeneità delle banche dati. Le conclusioni sull’andamento dei consumi di grassi saturi nella popolazione italiana, cui lo studio arriva, non sono quindi definitive.
Si osserva comunque un trend di crescita delle importazioni in Italia di olio di palma a scopo alimentare. Tale trend sottende, nell’ultimo decennio, lo spostamento dell’industria alimentare dall’uso di margarine e burro a quello di olio di palma.
Complessivamente emerge che il consumo totale di acidi grassi saturi nella popolazione adulta italiana è di poco superiore (11,2%) all’obiettivo suggerito per la prevenzione (inferiore al 10% delle calorie totali giornaliere). Al contrario, il consumo complessivo di grassi saturi nei bambini tra i 3 e i 10 anni risulta superiore, se riferito all'obiettivo fissato del 10%. Occorre tuttavia considerare che i dati di assunzione nelle fasce di età tra i 3 e 10 anni unificano età in cui i consumi si differenziano in maniera significativa e vanno pertanto interpretati con cautela.
Non ci sono evidenze dirette nella letteratura scientifica che l’olio di palma, come fonte di acidi grassi saturi, abbia un effetto diverso sul rischio cardiovascolare rispetto agli altri grassi con simile composizione percentuale di grassi saturi e mono/poliinsaturi, quali, ad esempio, il burro.
Il report indica il consumo dell’olio di palma non è correlato all’aumento di fattori di rischio per malattie cardiovascolari nel soggetti normo-colesterolemici, normopeso, giovani e che assumano contemporaneamente le quantità adeguate di polinsaturi.
Fasce di popolazione quali bambini, anziani, dislipidemici, obesi, pazienti con pregressi eventi cardiovascolari, ipertesi presentano invece una maggiore vulnerabilità rispetto alla popolazione generale. Per tale ragione, nel contesto di un regime dietetico vario e bilanciato, che comprenda anche alimenti naturalmente contenenti acidi grassi saturi (carne, latticini, uova), è necessario contenere il consumo di alimenti che apportano elevate quantità di grassi saturi.
Autore: Dr.ssa Valentina Rebella