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ANIMALI DA REDDITO COME PET: LA LEGISLAZIONE VETERINARIA FATICA A TENERE IL PASSO DEL CAMBIAMENTO DEI COSTUMI NELLA POPOLAZIONE

  • 19 agosto 2021
  • Autore: Redazione VeSA
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Capita sempre più frequentemente di imbattersi in persone che, passeggiando, sostituiscono il cane al guinzaglio con un animale abitualmente allevato come specie “da reddito”, siano suini, agnelli o altro. Altri, meno esibizionisti, ricoverano comunque tra le mura domestiche animali d’allevamento che ben si adattano a coccole ed attenzioni finora riservate ad altre specie.

 

Dapprima sembrava che tale consuetudine fosse riservata a personaggi particolarmente eccentrici, attori, cantanti o accaniti animalisti ma, poiché lo spirito di emulazione è forte e la diffusione delle notizie, grazie ai social network è capillare, potremmo aspettarci un’esplosione del fenomeno e la necessità di codificare e normare una nuova categoria di animali, “ibrida” tra quelle che, per consuetudine sono a tutt’oggi conosciute. Tanto sembra inevitabile che ciò possa succedere presto quanto appare impellente legiferare in materia, poiché tali nuovi pets, per quanto non entreranno mai nel circuito alimentare, sono comunque in grado di ammalarsi e trasmettere patologie proprie della specie, o addirittura essere vettori di zoonosi.

Volendo fare un po' di chiarezza ricorriamo alle definizioni che già sono conosciute:

 

  • gli animali da reddito ai sensi dell’art. 1, comma 2, lettera a) del Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 146, sono: “qualsiasi animale, inclusi pesci, rettili e anfibi, allevato o custodito per la produzione di derrate alimentari, lana, pelli, pellicce o per altri scopi agricoli;”. Rientrano in questa categoria, quindi, i suini, gli ovini, i bovini e gli avicoli, il cui addomesticamento ed utilizzo si stima risalga rispettivamente a 8.000 anni fa, nel caso di suini e ovini, a 6000 anni fa per i bovini, a circa 3.000 anni orsono per le specie avicole, mentre l’addomesticamento del coniglio selvatico è relativamente recente, solo poco più di mille anni fa;
     
  •  gli animali da compagnia, ai sensi dell’Allegato I del REGOLAMENTO (UE) 2016/429 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 9 marzo 2016, che vengono suddivisi in due gruppi:

PARTE A Cani (Canis lupus familiaris) Gatti (Felis silvestris catus) Furetti (Mustela putorius furo);

PARTE B Invertebrati (eccetto api, molluschi appartenenti al Phylum Mollusca e crostacei appartenenti al Subphylum Crustacea), Animali acquatici ornamentali, Anfibi, Rettili, Volatili: esemplari di specie avicole diverse da polli, tacchini, faraone, oche, anatre, quaglie, piccioni, fagiani, pernici e ratiti (Ratitae), Mammiferi: roditori e conigli diversi da quelli destinati alla produzione alimentare;

  • Un terzo gruppo di animali, meno codificato, sono i cosiddetti “NAC” (ovvero i “nuovi animali da compagnia“) sono i pesci, gli uccelli, i roditori e i rettili, cioè tutti i potenziali animali d’affezione, con eccezione dei gatti e dei cani. Sono compresi in questo grande gruppo “animali non convenzionali”, “animali esotici” o, come detto NAC, dal canarino ai rapaci, passando per i più svariati e colorati pappagalli, tartarughe, serpenti e sauri (iguana, gechi, pogona, ecc.) e tra i piccoli mammiferi annoveriamo conigli, porcellini d’india, criceti, anche anfibi come le rane o alcuni invertebrati come le achatine (chiocciole africane), senza dimenticare i pesci. Alcune specie fanno parte della Convenzione di Washington e, a questo titolo, sono protette. La Francia sembra essere al primo posto nello sviluppo del fenomeno  con 20 milioni di NAC ufficialmente presenti, davanti all’Italia, alla Germania e al Regno Unito.

Come si vede, anche il citato e di recentissima applicazione, REGOLAMENTO (UE) 2016/429  («normativa in materia di sanità animale»), in vigore, in gran parte, a decorrere dal 21 aprile 2021, non ha previsto la possibilità di riconoscere un raggruppamento apposito ove collocare i pet pigs o altre specie animali affini per utilizzo, provenienza e considerazione.

Sarà dunque necessario creare una nuova “categoria” di animali che necessiterà di apposite leggi ad hoc.

Il Ministero della Salute DIREZIONE GENERALE DELLA SANITA’ ANIMALE E DEI FARMACI VETERINARI Ufficio 2 – Epidemiosorveglianza e anagrafi degli animali e Ufficio 6 - Tutela del benessere animale, igiene zootecnica e igiene urbana veterinaria, chiamato ad esprimersi riguardo ad indicazioni in merito alla gestione di suini detenuti come animali da compagnia, con una nota arrivata alle Regioni e diramata alle Aree Vaste dalla P.F. Veterinaria il 17 agosto 2021 conferma che il cosiddetto “suino da compagnia” non è codificato da alcuna norma né circolare ministeriale.

Il Ministero comunica in proposito che è in corso l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento (UE) 2016/429, ma che il Decreto in preparazione ai sensi della legge 20 novembre 2017 n. 167, non contempla la possibilità di detenzione di suini come animali da compagnia.

La possibilità che l’argomento possa essere ricompreso in qualche atto ufficiale viene lasciato all’eventuale emanazione di nuovi Regolamenti di Esecuzione e Delegati del nominato Regolamento (UE) 2016/429.

Nella stessa nota il Ministero chiede alle Regioni di acquisire elementi che consentano di valutare l'entità del fenomeno, eventualmente da rappresentare successivamente alla Commissione Europea, e di acquisire dati inerenti al numero di suini, o di animali di altre specie non elencate in allegato 1 del regolamento (UE) 2016/429, detenuti come animali da compagnia, di cui si ha notizia.

Le Regioni dovrebbero fornire inoltre la regolamentazione in base alla quale ne è stata consentita la detenzione in abitazioni di contesti urbani.

Sono dati questi complicatissimi da conseguire, in quanto le anagrafi informatizzate (che dovrebbero costituire la “fonte” ufficiale) non prevedono alcuna voce che possa inquadrare animali da reddito, come questi trattati, nel loro effettivo status di animale da compagnia, e quindi sono elementi non deducibili direttamente.

Nel frattempo sarà necessario continuare applicando le usuali indicazioni sanitarie e di identificazione che riguardano gli animali da reddito anche qualora, a buon senso, potrebbero essere ridimensionate, che prevedono: richiesta del codice aziendale, registrazioni in BDN delle movimentazioni o tramite registro cartaceo, acquisizione del registro dei trattamenti veterinari o richiesta di abilitazione alla gestione informatizzata. In particolare uno dei nodi cruciali sembra essere l’apposizione delle marche auricolari su caprette ed agnelli ricoverati per il solo scopo d’affezione, che appare agli occhi del proprietario come un’inutile tortura assolutamente non necessaria non essendoci possibilità di confusione tra i capi (il chip sottocutaneo sarebbe sicuramente accettato, per analogia con le norme dell’anagrafe canina).

Altro dettaglio non trascurabile, variabile a seconda delle diverse regioni se non dei differenti comuni, è il luogo dove detenere questi animali, se cioè sia possibile ricoverarli nei centri urbani o debbano essere confinati alle zone agricole delle città. Anche in questo caso sarà necessario metter mano ai vecchi regolamenti locali d’Igiene che non potevano prevedere evoluzioni o derive di questo tipo nella “società moderna”.

 

Autore:  Giuseppe Iacchia 

 

 

 

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