Nelle Marche l'attività apistica è un'attività agricola diffusa e di antiche tradizioni grazie ad un ambiente naturale favorevole per condizioni climatiche e geografiche.
In particolare l'allevamento delle api nella Provincia di Pesaro-Urbino è caratterizzato sostanzialmente da piccoli insediamenti con produzione e commercializzazione dei prodotti in ambito locale o per autoconsumo.
Pertanto sono sorte notevoli difficoltà nel delineare il profilo quantitativo e qualitativo dell'apicoltura provinciale derivanti dalle caratteristiche del settore: estrema polverizzazione aziendale, eterogeneità dei soggetti economici interessati, profonde differenze “professionali” esistenti tra gli Operatori del settore.
In generale in Italia la “categoria” degli apicoltori si presenta disomogenea e caratterizzata da un livello di professionalità estremamente variabile. Il settore comprende infatti non solo figure espresse dalla società rurale ma anche, e in misura considerevole, figure appartenenti alle più disparate categorie sociali animate da motivazioni, finalità e convinzioni spesso assai diverse. È varia di conseguenza la tipologia delle imprese, che si distinguono per dimensione, finalità produttive, modalità di commercializzazione, preparazione professionale e capacità imprenditoriali.
Gli apicoltori vengono classificati dalla legge n. 313/2004 in tre categorie, in funzione della connotazione civilistica della loro attività.
L'art. 3 della legge n. 313/2004 definisce infatti «Apicoltore» tutti coloro che detengono e conducono alveari, «Imprenditore apistico» chiunque detiene e conduce alveari ai sensi dell'art. 2135 del codice civile e «Apicoltore professionista» chiunque detiene e conduce alveari ai sensi dell'art. 2135 del codice civile e a titolo principale.
La categoria più numerosa (circa il 75% a livello nazionale), è rappresentata da apicoltori che come definito dall'art. 3, comma 1 della legge n. 313/2004, detengono e conducono un piccolo numero di alveari senza precisi intenti economici se non di ottenere una produzione destinata all'uso familiare o all'ambito contiguo e sicuramente svolgono un ruolo importante nella tutela e diffusione dell'apicoltura sul territorio, contribuendo al mantenimento della biodiversità e del ruolo dell'ape come impollinatore naturale.
Gli «imprenditori apistici» rappresentano una categoria variegata di operatori che esplicano l'attività apistica a fine economico, in integrazione ad altre attività agricole o comunque per integrare il proprio reddito. Si stima possano appartenere a questa categoria circa il 14% degli Apicoltori italiani che conducono un patrimonio di alveari pari al 15% del patrimonio apistico nazionale.
Secondo lo studio di settore ISMEA-Osservatorio gli apicoltori professionali costituiscono una ristretta minoranza - in Italia come in Europa e nel mondo - (meno del 2%), ma detengono una parte consistente del patrimonio apistico totale. Un'azienda professionale gestisce generalmente un numero di alveari di almeno 200-300 alveari/addetto, e il livello tecnologico della dotazione strutturale e degli impianti è generalmente avanzato. A livello comunitario il numero minimo di alveari posseduto da un apicoltore professionale è pari a circa 150 unità, mentre a livello nazionale, in alcune situazioni territoriali, il suddetto numero si aggira intorno ai 105 alveari.
A prescindere dalle generiche connotazioni professionali preesistenti alla legge n. 313/2004 che solo ora consente, nel definirle secondo precisi criteri, l'avvio di un reale processo di configurazione delle realtà apistiche operanti in Italia, negli ultimi anni si è assistito ad un notevole incremento dell'apicoltura produttiva, con un aumento del numero di alveari per addetto e del numero di aziende, in particolare di giovani imprenditori apistici.
Nella seguente tabella sono riportate le attività di apicoltura registrate al 30 novembre 2017 nella Regione Marche (Fonte dati: Banca dati Apistica Nazionale (BDA):
Dalla tabella emerge come nella Provincia di Pesaro e Urbino, in linea con la tendenza del resto della nostra Regione, la maggior parte degli apicoltori svolge la propria attività di produzione per autoconsumo; la legge Regionale delle Marche 33 del 19/11/2012 “Disposizioni regionali in materia di apicoltura” ha stabilito che rientra nell’ Autoconsumo la detenzione di un massimo di 10 alveari per apicoltore.
Nell’Area Vasta 1 solo circa il 30% degli apicoltori svolge la propria attività di produzione per la commercializzazione.
I comportamenti imprenditoriali nel settore apistico sono estremamente diversificati, sia negli aspetti quantitativi che qualitativi, relativamente alle produzioni (con tutti i risvolti tecnici e sanitari connessi) e alla commercializzazione e alla promozione del prodotto. Mentre per gli apicoltori non sussiste un problema di commercializzazione, per tutti coloro che svolgono l'attività apistica a fine economico l'andamento del mercato è, invece, di vitale importanza e sono in crescita l'attenzione e la capacità di intervento sulle problematiche che riguardano la commercializzazione, la valorizzazione e la promozione dei prodotti.
In tale contesto generale si è ritenuto necessario, alla luce delle disposizioni Regionali, accompagnare un processo di “emersione” di tutte quelle realtà produttive che operavano sostanzialmente in buona fede e/o per mancati indirizzi normativi, in una zona d’ombra.
Dal punto di vista normativo, i Regolamenti Comunitari hanno stabilito che tutte le attività relative alla produzione di prodotti derivanti dall'apicoltura deve essere considerata produzione primaria, compreso l'allevamento delle api, la raccolta del miele ed il confezionamento e/o imballaggio nel contesto dell'azienda (laboratori di smielatura aziendali).
Tutte le operazioni che avvengono al di fuori dell'azienda compreso il confezionamento e/o imballaggio del miele, non rientrano nella produzione primaria. Inoltre, non è da considerarsi “produzione primaria” il miele sottoposto a trasformazioni o il miele che come ingrediente entra a far parte di prodotti composti, come miele con frutta secca, miele e propoli, prodotti di pasticceria, etc..., anche se tali operazioni avvengono nell'azienda agricola che produce la materia prima. Tali attività rientrano nella produzione post primaria.
Locali di smielatura di produzione primaria
Per avviare un Laboratorio di smielatura di produzione primaria è necessaria la registrazione dei locali nei quali viene effettuata la smielatura.
L’attività deve essere esercitata nel rispetto dei requisiti previsti dall’Allegato 1-parte A del Regolamento 852/2004.
Inoltre, con Decreto Dirigenziale 169 del 10 dicembre 2012 nella Regione Marche sono state definite le linee guida per i laboratori di smielatura che rientrano nella produzione primaria.
In particolare il Decreto 169 ha definito che i locali di smielatura di produzione primaria possono essere:
- locali senza destinazione d'uso specifica utilizzati temporaneamente per tale attività (concesso agli apicoltori che hanno un massimo di 50 alveari). Possono essere utilizzati anche locali dell'abitazione privata, purché nel periodo della smielatura rispettino determinati requisiti;
- laboratori permanenti di smielatura a destinazione d'uso specifica (obbligatorio per chi detiene più di 50 alveari).
Laboratori di smielatura di produzione post-primaria
Rientrano nella produzione post primaria tutte le operazioni che avvengono al di fuori dell'azienda di apicoltura compreso il confezionamento e/o imballaggio del miele. Inoltre, non è da considerarsi “produzione primaria” il miele sottoposto a trasformazioni o il miele che come ingrediente entra a far parte di prodotti composti, come miele con frutta secca, miele e propoli, prodotti di pasticceria, etc..., anche se tali operazioni avvengono nell'azienda agricola che produce la materia prima.
Per avviare un Laboratorio di smielatura di produzione post-primaria è necessaria la REGISTRAZIONE di un locale a destinazione d'uso specifica.
Gli operatori del settore alimentare che effettuano la produzione post-primaria devono rispettare i requisiti generali in materia di igiene di cui all'allegato II del regolamento 852/2004.
Controlli ufficiali nella filiera del miele nella provincia di Pesaro-Urbino
L’attività dei Servizi di Igiene degli Allevamenti e delle produzioni zootecniche e di Igiene degli Alimenti di Origine Animale è orientata da una parte al controllo dell’igienicità delle produzioni e dall’altra ad azioni di “affiancamento” finalizzate ad incanalare in un percorso “autorizzativo” delle attività esistenti e/o di quelle di nuova attivazione, favorendo e guidando la formazione degli Operatori nell’ottica di una corretta valutazione e gestione dei rischi collegati a tale attività al fine di tutelare la salute dei consumatori.
Il Servizio di Igiene degli Alimenti di Origine Animale effettua la vigilanza igienico-sanitaria sui laboratori di smielatura di produzione post-primaria. Complessivamente negli anni 2016 e 2017 sono stati effettuati 27 sopralluoghi in laboratori di smielatura di produzione post-primaria.
Inoltre, nell’ambito del Piano Campionamento Alimenti Marche, svolto in collaborazione tra i Servizi Igiene degli Alimenti di origine animale e Igiene degli Allevamenti e delle produzioni zootecniche, viene effettuato il controllo ufficiale del miele, per la verifica della conformità al Decreto legislativo n. 179 del 21 maggio 2004.
Le analisi sono finalizzate alla ricerca di alcuni parametri chimico-fisici, in particolare dell’idrossimetilfurfurale (HMF- prodotto di degradazione degli zuccheri che aumenta con l’invecchiamento, il trattamento termico e la mal conservazione del miele) e di residui di farmaci (tetracicline e sulfamidici). Negli anni 2016 e 2017 nell’area vasta 1 sono stati effettuati 4 campioni di miele millefiori, tutti con esito favorevole.
Infine, vengono effettuati campionamenti sul miele per il Monitoraggio della Radioattività ambientale, essendo le api ottimi indicatori biologici per il rilevamento dei radioisotopi; negli anni 2016/2017 sono stati effettuati 2 campioni, entrambi con esito favorevole.