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Economia circolare e mangimi

Nell’Unione Europea anche i mangimi entrano nel sistema dell’economia circolare

  • 15 maggio 2020
  • Autore: Redazione VeSA
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Siamo da sempre abituati a concepire la vita di un qualsiasi prodotto di consumo in maniera lineare: dalla materia prima, alla lavorazione, all’articolo finito, che viene quindi venduto, utilizzato o scartato ed alla fine eliminato, o al massimo bruciato, per produrre energia. Purtroppo la sequenza ineluttabile di questo ciclo-non ciclo si è perpetrato per secoli senza considerare, ad esempio, i costi e gli sprechi da sostenere per l’estrazione della materia prima, la sua trasformazione, il trasporto, ed infine l’alienazione.

Ci si sta rendendo invece conto, su scala globale, della necessità di adottare un sistema differente e virtuoso di concepire la produzione, da qui la definizione di “economia circolare”, uno dei principali elementi del Green Deal, un modello europeo che da teorico sta diventando reale. L’economia circolare è quindi un sistema che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e dei prodotti esistenti, protraendone l’impiego il più a lungo possibile. In questo modo si estende il ciclo vitale dei prodotti determinando, nel contempo, una riduzione dei rifiuti al minimo. Una volta che l’alimento ha condotto a termine la sua funzione principale, i materiali di cui è composto vengono infatti reintrodotti, laddove possibile, nel ciclo economico e produttivo, generando ulteriore valore.

Esistono già oggi delle basi stabili per la messa in pratica di questo sistema eco-compatibile. Nel 2015 la Commissione Europea ha redatto un piano d’azione e imposto dei limiti temporali entro cui i Paesi aderenti dovranno rendersi operativi nella circolarità. I benefici si vedranno soprattutto a livello ambientale con riduzione dello spreco e delle emissioni, e contemporanea rivalorizzazione dello scarto.

 La stessa Commissione, nell’ambito d’interesse della produzione mangimistica e nell’ottica di economia circolare, ha elaborato un piano d’azione (COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE -Orientamenti per l’utilizzo come mangimi di alimenti non più destinati al consumo umano -(2018/C 133/02) per convertire i rifiuti alimentari ed utilizzare, come mangimi, degli alimenti non più destinati al consumo umano. Tale atto non costituisce un dispositivo legislativo restrittivo o impositivo ma più semplicemente un documento d’orientamento, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, con il quale vengono enunciate le linee guida che devono seguire gli operatori del settore alimentare (OSA) e le Autorità amministrative degli Stati membri per contribuire a ridurre lo spreco di cibo.

Tale iniziativa consiste nel puntare a valorizzare le sostanze nutritive di alimenti che, per motivi commerciali o a causa di problemi o difetti di lavorazione, non sono più destinabili al consumo umano diretto, attra­verso il loro impiego nell’alimentazione animale, garantendo nel contempo la salute pubblica e quella degli animali utilizzatori.

L’utilizzo come mangimi di tali alimenti trasformati evita che questi prodotti siano compostati, inceneriti, trasformati in biogas o smaltiti in discarica. Gli indirizzi forniti dovrebbero fun­gere da guida per le autorità nazionali e per gli operatori della filiera alimentare nell’applicazione della pertinente normativa dell’Unione; la diversificazione tra alimenti, sottoprodotti di origine animale, mangimi e rifiuti ha evidenti implicazioni rispetto al quadro legislativo che disciplina le diverse tipologie di materiali in questione. Sono esclusi dall’argomentazione della Comunicazione additivi, enzimi e aromi ed integratori alimentari, secondo le definizioni fornite dal Regolamento (CE) n. 1331/2008 e dalla Direttiva 2002/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, nonché i rifiuti di cucina e della ristorazione.

L’ambito di applicazione comprende invece prodotti alimentari non più destinati al consumo umano, derivati dal processo di lavorazione (forniti da produttori del settore alimentare), ed alimenti immessi sul mercato, confezionati o sfusi (forniti da grossisti e rivenditori al dettaglio), divisi in due categorie a seconda che contengano o meno prodotti di origine animale (o anche solo qualora ne siano contaminati).

Per i materiali che contengono elementi di origine animale è necessario seguire le normative già previste trattando i sottoprodotti destinati a divenire mangimi.

La più ampia categoria dei prodotti, quelli “non di origine animale”, può invece essere utilizzata più facilmente, a seconda che si tratti di sottoprodotti derivanti da un processo di lavorazione degli alimenti oppure di prodotti finali. Tra i rifiuti di questa seconda categoria, che si riconvertono negli stabilimenti di produzione, si prendano ad esempio:

  • sottoprodotti dell’industria del pane e della pasta alimentare, dalla produzione di panetteria e pasticceria;
  • melasse di barbabietola da zucchero, dalla produzione negli zuccherifici:
  • panelli di semi di girasole, dalla triturazione dei semi di girasole;
  • germi di frumento, dalla molitura;
  • panelli di idrolisati d’amido, dalla produzione di amido;

Attualmente insorgono problemi tra gli addetti agroalimentari che devono destinare al comparto mangimistico i loro rifiuti, in quanto vengono disincentivati ad impegnarsi in tale attività dagli oneri dovuti per la registrazione in qualità di operatori mangimistici.

A tutt’oggi manca ancora un’armonizzazione dei requisiti per la registrazione degli OSA nei differenti Stati membri, dal momento che è molto diversificata la modalità autorizzativa qualora gli alimenti non più destinati al consumo umano, di origine animale o non, siano conferiti per essere inseriti come materie prime nei mangimi.

Attualmente il Regolamento (CE) n. 183/2005 stabilisce quali figure del settore mangimistico siano soggette alla registrazione, a norma dell’articolo 9, e debbano garantire che siano rispettate tutte le pertinenti disposizioni, come ad esempio le norme di igiene, i limiti di residui di contaminanti o l’etichettatura.

Viceversa il documento di orientamento della Commissione, in attesa dell’adozione di una Direttiva quadro, suggerisce che i sottoprodotti di origine non animale possono entrare nella filiera come «rifiuti destinati al recupero», per cui i rivenditori che li forniscono non devono essere registrati come operatori del settore mangimi, evitando gli oneri e le disposizioni conseguenti.

Applicare inoltre procedure basate sui principi dell’analisi del rischio e dei punti critici, secondo il modello HACCP (art. 5 Regolamento 852/2004), utilizzare etichettature specifiche, conservare e trasportare gli alimenti non più destinati al consumo umano in modo separato, sono obblighi dai quali gli OSA attualmente non possono prescindere.

E’ infatti fondamentale garantire la conformità degli alimenti non più destinati al consumo umano, da inserire nella produzione di mangimi, ai requisiti in materia di sicurezza degli stessi, rispettando i dettami dei Regolamenti (CE) 178/2002 , (CE) 183/2005, (CE) 767/2009  e (CE) 1069/2009.

A norma dell’articolo 15 del citato Regolamento (CE) 178/2002, i mangimi che hanno un effetto nocivo per la salute umana, non possono essere immessi sul mercato né essere somministrati ad animali destinati alla produzione alimentare. L’articolo 4 del Regolamento (CE) 767/2009 estende questo principio a tutti gli animali.

Conformemente all’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 178/2002, spetta agli addetti del settore garantire che nelle imprese da essi controllate i mangimi soddisfino le disposizioni della legislazione alimentare, in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione, e verificare che tali disposizioni siano soddisfatte.

Per garantire l’integrità dell’intera filiera alimentare, gli OSA devono essere poi in grado di individuare chi abbia fornito loro un alimento, un mangime, un animale destinato alla produzione alimentare o qualsiasi sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento o di un mangime, come chiarito nell’articolo 18 del Regolamento (CE) 178/2002 (rintracciabilità).

Apprensioni più concrete destano gli  scarti che sono costituiti in toto, od anche solo contaminati, da prodotti di origine animale, in quanto prima dell’utilizzo diretto nella produzione di mangimi devono assoggettarsi alle disposizioni del Regolamento (CE) 1069/2009 sui sottoprodotti di O.A. ove è previsto che tutti gli addetti attivi nella produzione, trasporto, manipolazione, lavorazione, magazzinaggio, immissione sul mercato, distribuzione, uso o smaltimento di tali materiali, debbano essere registrati. Questo implica anche il sottoporsi a idonee prescrizioni e a specifiche restrizioni relative alla trasformazione d’uso

L’articolo 14, lettera d), dello stesso Regolamento esclude infatti specificamente dall’uso come mangimi i materiali di categoria 3 che hanno subito un processo di decomposizione o deterioramento tale da presentare rischi inaccettabili per la salute pubblica o degli animali.

Il Regolamento sui sottoprodotti di origine animale e quello sulle encefalopatie spongiformi trasmissibili  (TSE), (Reg, (CE) 999/2001) stabiliscono norme rigorose che impongono restrizioni, all’utilizzo come mangimi, degli alimenti non più destinati al consumo umano che contengono materiale di origine animale, o sono costituiti o contaminati da tale materiale.

I prodotti alimentari contenenti proteine di ruminanti – diversi dal latte/dai prodotti lattiero-caseari o dai grassi fusi – devono essere esclusi dalla somministrazione quali mangimi per animali da allevamento, tranne che per gli animali da pelliccia. Altro esempio sono gli alimenti contenenti pesce, che non possono essere utilizzati direttamente come mangimi, ma possono essere ulteriormente trasformati in farina di pesce, che non può essere somministrata ai ruminanti diversi dai ruminanti non svezzati. Le imprese di trasformazione degli alimenti devono quindi sia garantire flussi di lavorazione differenti che utilizzare etichette appropriate per assicurare un uso finale sicuro per la salute umana e animale, e conforme ai citati regolamenti sui sottoprodotti di origine animale e sulle TSE.

Si deve inoltre considerare che alcuni prodotti di O.A. possono essere sicuri per il consumo umano ma non per la salute animale, ad esempio perché possono contenere specifici agenti patogeni responsabili della peste suina classica o della peste suina africana. Il Reg. (CE) 999/2001 prevede il «divieto assoluto» di somministrare agli animali da allevamento proteine animali trasformate, con qualche deroga limitata, al fine di evitare che la BSE sia riciclata attraverso la filiera dei mangimi. Pertanto, diversi prodotti di origine animale, che sono ammissibili per il consumo umano, non sono invece plausibili per l’utilizzo come mangimi senza alcun ulteriore trattamento.

Altro aspetto importante riguarda gli alimenti scaduti e i criteri generali da seguire per il loro utilizzo come mangimi. L’operatore del settore dei mangimi, quando responsabile, dovrebbe verificare, caso per caso, sulla scorta dei principi del sistema HACCP, se sussiste un rischio per la salute dell’uomo o degli animali. In caso contrario, l’alimento potrebbe essere utilizzato come mangime. Nel caso di alimenti molto deperibili dal punto di vista microbiologico, il termine minimo di conservazione è sostituito dalla data di scadenza, successivamente a tale data un alimento è considerato a rischio, a norma dell’articolo 14, paragrafi da 2 a 5, del Regolamento n. 178/2002. Lo scopo di questa disposizione è chiarire che un determinato alimento con una «data di scadenza» non deve essere immesso sul mercato alimentare dell’Unione in quanto non è sicuro per il consumo umano. Poiché l’articolo 24, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 1169/2011 fa riferimento all’articolo 14 del Regolamento 178/2002, che stabilisce i requisiti di sicurezza degli alimenti, e non all’articolo 15 (requisiti di sicurezza dei mangimi), gli alimenti che non sono più adatti al consumo umano possono comunque essere destinati alla produzione di mangimi per gli animali da allevamento. Anche gli stessi materiali che cadono sul pavimento degli stabilimenti non devono essere esclusi sistematicamente dall’uso e, purché non rappresentino un rischio per la salute pubblica e degli animali, possono essere utilizzati come mangime.

  

Si precisa infine che è vietato l’uso diretto come mangimi degli ex prodotti alimentari con materiale di imballaggio (allegato III del regolamento  767/2009) e con un’eccessiva contaminazione chimica (Direttiva 2002/32/CE) o microbiologica .

 A norma dell’articolo 20 del regolamento 767/2009, l’etichettatura di questi prodotti deve indicare chiaramente che non possono essere utilizzati come mangimi senza un ulteriore trattamento o processo di decontaminazione. Secondo l’allegato VIII del medesimo Regolamento, l’etichettatura deve anche indicare il rispettivo trattamento, come ad esempio l’eliminazione del materiale di imballaggio o la decontaminazione,  attività necessarie affinché i prodotti siano ammissibili come mangimi.

 

Come si deduce dalla succinta trattazione, la strada tracciata è stimolante, e per certi versi entusiasmante, per l’immediato presente e soprattutto per le nuove generazioni, sebbene tortuosa ed impervia nel tentativo di districarsi tra le tante norme restrittive in vigore.

Si segnalano, agli interessati, dei link pertinenti all’argomento:

https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/european-green-deal_it

https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/ip_20_17

https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/fs_20_437

https://ec.europa.eu/food/sites/food/files/safety/docs/gfl_req_implementation-guidance_it.pdf

https://ec.europa.eu/food/safety/food_waste/eu_actions/eu-platform_en

http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A52015PC0595

http://ec.europa.eu/food/safety/biosafety/food_hygiene/eu_food_establishments_en

http://ec.europa.eu/food/safety/food_waste/library/index_en.htm

 

 

Autori

Dott.ssa Eloisa Terzetti

Dott. Giuseppe Iacchia

 

 

 

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