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Rapporti con le attività antropiche del cinghiale

  • 19 ottobre 2006
  • Autore: Redazione VeSA
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Il cinghiale è una specie estremamente adattabile all’uomo a condizione che vengano rispettati i tre fattori essenziali alla sua esistenza: acqua, risorse trofiche e rifugio.

L’allevamento è molto facile e diffuso sia per la produzione di carne che per la produzione di animali destinati al ripopolamento.

Sarebbe auspicabile, però, che alla concessione di autorizzazione per la realizzazione di nuovi allevamenti seguano capacità effettive di controllo sulle origini, stato sanitario e destinazione dei soggetti allevati (le immissioni o le reintroduzioni non controllate di qualunque animale selvatico aumentano il rischio di introdurre agenti patogeni causa di malattie sia nelle popolazione delle zoocenosi  riceventi, selvatiche e domestiche, che nell’uomo; inoltre, anche il patrimonio genetico delle specie o sottospecie autoctone viene seriamente compromesso da tali scorretti comportamenti di gestione faunistica.

Nei  territori interessati maggiormente da produzioni agricole, il cinghiale crea un forte impatto sulle coltivazioni per l’ asporto diretto ai fini alimentari di numerose essenze vegetali e per il danneggiamento dovuto all’attività di scavo.
Tale fenomeno raggiunge spesso dimensioni considerevoli, tanto che una cospicua che mette in atto mentre cerca cibo.

Parte dei fondi a disposizione delle amministrazioni locali per far fronte all’impatto causato dalla fauna selvatica sulle attività antropiche di interesse economico, vengono annualmente destinati al risarcimento dei danni causati dal cinghiale.
Frequente, inoltre, risulta il coinvolgimento della specie in incidenti stradali, con ripercussioni negative di tipo socio-economico e di salute pubblica.

Progressivamente crescente è l’importanza venatoria del cinghiale.
E’ attualmente cacciato in quasi tutto il territorio da esso occupato, con alcune sporadiche eccezioni.
La caccia al cinghiale è abitualmente esercitata in forma collettiva, mediante la tecnica della “braccata” da cacciatori organizzati in squadre.
Questo sistema prevede che gli animali vengano spinti verso le "poste" da una muta di cani, di varie razze e dimensioni, condotti da un numero variabile di conduttori e/o battitori.
In aree limitate il suide viene cacciato mediante caccia di selezione effettuata con carabina solitamente “all’aspetto” in aree dove gli animali vengono abitualmente richiamati con esche alimentari.

Un'altra tecnica di prelievo venatorio, recentemente introdotta, è quello della “girata”.
La girata è effettuata dal conduttore di un unico cane che assume la specifica funzione di “limiere”, cioè quella di segnalare la traccia calda del cinghiale che, dopo l’attività alimentare notturna, si rifugia nei tradizionali luoghi di rimessa/riposo. Il conduttore e il cane formano il binomio di base di questo tipo di attività, che si svolge in tre fasi: la tracciatura, la disposizione dei cacciatori nelle poste, lo scovo.

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