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LA RABBIA

  • 1 marzo 2007
  • Autore: Redazione VeSA
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La parola "rabbia" deriva dal sanscrito "rabbahs", che significa "fare violenza" ed è una malattia virale contagiosa che causa una encefalomielite ad esito inesorabilmente mortale in tutti i mammiferi, uomo compreso ed è senza dubbio considerata, per la sua gravità, la più importante delle zoonosi. Conosciuta fin dall’antichità, è da attribuire ad un veterinario lionese, Victor Galtier, la scoperta della virulenza della saliva di un cane affetto da rabbia; Pasteur, al contrario, fu il primo che dimostrò che il virus della rabbia distrugge il sistema nervoso ed egli stesso, il 6 luglio 1885, applicò il primo trattamento antirabbico ad un bambino francese che era stato morso da un cane affetto da rabbia.

Il virus della rabbia appartiene alla famiglia Rhabdoviridae, genere Lyssavirus, comprendente sette genotipi differenti, dei quali il genotipo 1 include i ceppi del virus della rabbia classica presenti in  tutto il mondo mentre i genotipi dal 2 al 7 comprendono i seguenti ceppi virali: Lagos bat, Mokola, Duvenhage, European bat lyssavirus 1 (EBL-1), European bat lyssavirus 2 (EBLV-2), Australian bat lyssavirus (ABLV).

Il virus della rabbia viene trasmesso ad altri animali e all’uomo attraverso il contatto con la saliva di animali infetti, quindi attraverso morsi, graffi, ferite o contatto con mucose anche integre; tuttavia, è stata dimostrata la possibilità di acquisire la malattia anche attraverso le vie respiratorie dopo permanenza in caverne nelle quali si erano insediate colonie di pipistrelli.
A tal proposito è opportuno rimarcare come la rabbia dei pipistrelli è presente in molti Stati europei (Olanda, Danimarca, Polonia, Germania, Regno unito , Spagna) e fino ad oggi sono stati diagnosticati 4 casi nell’uomo associati a pipistrelli; al contrario non sono presenti nel nostro paese i cosiddetti pipistrelli ematofagi, diffusi in Sud America, che possono trasmettere il virus per mesi senza sviluppare la malattia e probabilmente anche guarire spontaneamente rimanendo portatori infettivi. In questi animali il virus si è peculiarmente adattato nelle ghiandole salivari.

Il cane rappresenta l’ospite più importante della malattia nel cosiddetto ciclo urbano mentre la volpe rossa (Vulpes vulpes) è l’ospite fondamentale del ciclo silvestre, rappresentando da sola il 70% circa di tutti i casi di rabbia negli animali selvatici. Tuttavia negli ultimi anni è in aumento il numero di casi di rabbia in animali selvatici diversi dalla volpe, sopratutto nel raccon dog ( Nyctereutes procyonoides ) che sembra essere diventato un ospite selvatico della rabbia nei paesi dell’Est come la Russia, Bielorussia, Estonia, Polonia ed anche in Germania.

Come si manifesta clinicamente la rabbia?

La rabbia è inevitabilmente fatale appena si manifestano i sintomi; il virus penetrato nell’organismo attraverso una ferita, replica nelle cellule muscolari e diffonde nelle giunzioni neuromuscolari per poi raggiungere il sistema nervoso centrale tramite i nervi periferici ed infine diffondere nei neuroni sensitivi e motori; il periodo d’incubazione della malattia può durare da alcune settimane fino ad oltre un anno.
Si conoscono due forme di rabbia: "la rabbia furiosa", più comune nell'uomo e nei cani e la "rabbia paralitica o muta". I sintomi iniziali sono quelli di una malattia virale aspecifica; seguono alterazioni cognitive, alterazioni della sensibilità e comparsa di dolore nella sede della precedente morsicatura. Nell’arco di 4-10 giorni la malattia si manifesta completamente nelle due forme tipiche di rabbia furiosa (idrofobia, delirio, agitazione) e rabbia paralitica (assenza di aggressività, paralisi flaccida, generalmente a seguito di lesioni traumatiche di modeste entità). La caratteristica idrofobia che si può riscontrare nell’uomo è dovuta ad uno spasmo laringo-faringeo che insorge alla vista, al contatto, e anche al solo ricordo dell'acqua o di qualsiasi liquido; altri stimoli ancora più lievi, come una leggera corrente d'aria, possono scatenare nella persona malata una reazione analoga e ugualmente violenta.


Come si fa diagnosi di rabbia negli animali ?

Nessuna diagnosi clinica della rabbia può essere considerata affidabile, poiché molte sono le malattie con sintomatologia simile a quella della rabbia (Cimurro, morbo di Aujesky, Toxoplasmosi solo per citarne alcune). La diagnosi della malattia , quindi, viene fatta solo in laboratorio, utilizzando i test raccomandati dall’ OIE e OMS tra i quali l’Immunofluorescenza  diretta, considerato il test  d’elezione; a livello istopatologico è da considerarsi patognomonico ( cioè  caratteristico della  malattia ) il riscontro, più frequentemente nei neuroni dell’ippocampo e del corno d’ammone, di strutture tondeggianti, ovoidali grandi qualche millesimo di millimetro chiamate “corpi del Negri”. (Immagini dei Corpi del Negri)


Prevenzione e controllo della rabbia
Inserita nella lista B dell’elenco delle zoonosi da considerarsi  d’importanza rilevante per la Comunità Europea, la rabbia è una malattia soggetta a denuncia obbligatoria, come disposto dal Regolamento di Polizia Veterinaria approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320,  dove ( art. 83 -84 ) s’impone l’istituzione di un’anagrafe canina per il riconoscimento della popolazione animale, la cattura dei cani randagi e l’obbligo della museruola e del guinzaglio per i cani condotti nei luoghi pubblici.
Il suddetto regolamento prevede altresì che i cani e gatti che hanno morso persone o animali siano isolati e tenuti in osservazione presso il canile municipale per un periodo di10 gg (tempo massimo per la manifestazione clinica della rabbia se l’animale era infetto e quindi il virus fosse stato presente nella saliva). In ottemperanza a ciò, su richiesta del proprietario, il veterinario dell'ASL  può concedere l'osservazione del cane a domicilio purché il proprietario, durante questi 10 giorni,  possa garantire un'attenta custodia dell'animale ed il rispetto delle seguenti condizioni:

  • non devono essere effettuati trattamenti immunizzanti all’animale
  • non è possibile spostare l’animale dal luogo prefissato per l’osservazione a domicilio
  • segnalare al veterinario della ASL il manifestarsi di qualsiasi sintomo sospetto nel comportamento, nonché l'eventuale fuga o morte dell'animale.

Le persone che vengono morse da animali sospetti di rabbia o randagi, soprattutto se la morsicatura è avvenuta in zona di confine o in un Paese in cui è nota la situazione endemica per rabbia o in un Paese con situazione epizoologica non conosciuta, dovrebbero intraprendere il trattamento antirabbico post-esposizione.

Negli animali domestici i vaccini utilizzati sono a virus inattivato e  vengono effettuati la prima volta a 3 mesi di vita, con successivi richiami annuali.

Inoltre con l’introduzione del passaporto per cani, gatti e furetti la vaccinazione nei confronti della rabbia è obbligatoria per il rilascio del passaporto stesso e per movimentare il proprio animale (in determinati paesi come ad es. Gran Bretagna, l’Irlanda, la Svezia, la Norvegia e Malta è altresì richiesta la titolazione degli anticorpi neutralizzanti nei confronti del virus della rabbia).

Per impedire il ciclo urbano della rabbia ed evitare quindi che l’uomo possa contrarre la malattia dagli animali domestici, è fondamentale la vaccinazione parenterale di massa degli animali domestici; la semplice eliminazione dei cani randagi non è del tutto efficace. Oltretutto nei territori che confinano con paesi dove è presente la rabbia silvestre, il Ministero della Salute può rendere obbligatoria la vaccinazione delle specie recettive. Allo stesso modo il controllo del ciclo silvestre può essere realizzato solo con la vaccinazione orale delle specie che fungono da ospiti di mantenimento del virus, utilizzando delle esche vaccinali contenenti un biomarker (generalmente tetraciclina); la vaccinazione orale dei carnivori selvatici (volpi sopratutto) ha permesso un notevole decremento dell’incidenza della malattia.

Qual è la situazione attuale della rabbia in Europa?

L’Italia è considerata paese indenne da rabbia dal 1997, grazie ai costanti interventi di vaccinazione mirati ed al controllo sistematico degli animali morsicatori, anche se la vicinanza con paesi quali l’Austria, la Slovenia e la Croazia, dove la malattia è ancora presente, pone il rischio di reintroduzione del virus.
La situazione aggiornata della rabbia in Europa è disponibile sul “Rabies bulletin” dove è possibile reperire una mappa aggiornata della diffusione della malattia, che è inoltre stata oggetto della prima  conferenza internazionale sulla rabbia  tenutasi  a Kiev il 15-18 Giugno 2005. Dai dati rilevabili in merito alla sua diffusione territoriale  è evidente come la malattia  si sia stabilizzata nell’Europa dell’Est, anche se si possono notare dei focolai comparsi nel cuore dell’ Europa come, ad esempio, nella Germania centro-occidentale.

In totale dal 1977 sono stati segnalati 13 casi di rabbia nel cane in Europa (l’ultimo nel 2004 in Francia) e 278 nell’uomo, principalmente come casi autoctoni in zone endemiche o casi d’importazione  nei paesi indenni.

Appare quindi evidente come la rabbia rappresenta ancora oggi un serio problema sia per l’uomo che per gli animali e se nell’Europa occidentale la rabbia urbana può essere considerata eradicata e quella silvestre limitata a piccoli focolai, in molti altri paesi è ancora presente in modo considerevole e la sua eradicazione è ancora lontana.

Fonti:
Center for disease and control prevention (CDC)

WHO Collaboration Centre for Rabies Surveillance and Research  Rabies - Bulletin - Europe

Università degli Studi di Torino – Facoltà di Medicina Veterinaria      
      
http://www.epicentro.iss.it/problemi/rabbia/rabbia.htm

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Categorie: Rabbia
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