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La RABBIA: una zoonosi NON presente in Italia

  • 22 luglio 2019
  • Autore: Redazione VeSA
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La RABBIA: una zoonosi NON presente in Italia

Dopo la conferma, da parte delle Autorità sanitarie spagnole, nello scorso mese di Giugno, di un caso di rabbia in un cane a Ceuta, sullo Stretto di Gibilterra, per evitare allarmismi e false credenze si è deciso di fornire a tutti i cittadini notizie semplici e chiarificatrici su questa malattia.

Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale di sanità (OMS) la rabbia è ampiamente diffusa in tutto il mondo e ogni anno, a causa di questa malattia, muoiono più di 55.000 persone, soprattutto in Asia e Africa (95% dei casi).

 

La situazione in Italia

Nel nostro Paese, l’ultimo caso di rabbia autoctona nell’uomo risale al 1968. Dagli anni ’70 in poi i casi diagnosticati sono stati tutti osservati in persone che avevano contratto la malattia all’estero, senza aver potuto ricevere un efficace trattamento post esposizione.

L’Italia è attualmente indenne da rabbia. L’ultima epidemia, dopo quasi 13 anni di assenza e in relazione alla situazione epidemiologica nelle vicine Slovenia e Croazia, ha interessato dall’autunno 2008 al febbraio 2011 il nord-est italiano (in particolare il Friuli Venezia Giulia, la provincia di Belluno e le province di Trento e Bolzano) con centinaia di casi di rabbia diagnosticati negli animali. Contro questa epidemia, nei comuni infetti e nelle aree limitrofe è stata resa obbligatoria la vaccinazione dei cani (presenti anche temporaneamente sul territorio) e degli erbivori domestici a rischio (al pascolo); è stato reso obbligatorio l’uso del guinzaglio per condurre i cani; è stata intensificata la sorveglianza sugli animali selvatici, in particolare di quelli trovati morti; sono state attivate le procedure per la realizzazione della vaccinazione orale di emergenza delle volpi secondo le disposizioni comunitarie in materia e di concerto con gli Stati confinanti (Slovenia e Austria). Misure adeguate che hanno permesso l’eradicazione della malattia dal territorio.

L’ultimo caso animale diagnosticato risale al febbraio 2011 e, dopo i prescritti 2 anni di prosecuzione delle campagne vaccinali e in assenza di nuovi casi, il nostro paese ha riottenuto lo stato di indennità nel 2013. A scopo precauzionale e in linea con quanto realizzato in Slovenia, viene ancora eseguita due volte all’anno la vaccinazione orale delle volpi lungo una fascia di confine di circa 2.300 kmq.

 

Epidemiologia

La rabbia è una malattia infettiva, causata da un virus appartenetente alla famiglia dei Rabdovirus, genere Lyssavirus, ed in particolare si tratta di una zoonosi cioè di una malattia che può essere trasmessa dagli animali all’uomo. Il virus può infettare tutti i mammiferi attraverso il contatto con la saliva di animali infetti quindi attraverso morsi, ferite, graffi, soluzioni di continuo della cute e, meno frequentemente, contatto con mucose anche integre.

Il virus può essere presente nella saliva dell’animale infetto già alcuni giorni (fino a 15) prima della comparsa dei sintomi. Il periodo di incubazione può variare fra le 2 e le 8 settimane ma in alcuni casi può essere molto più lungo, in relazione alla quantità di virus, al ceppo virale, alla modalità e alla sede di morsicatura/contatto.

Subito dopo l’infezione, il virus manifesta una cosiddetta “fase di eclissi” ed effettua una prima moltiplicazione nella sede di ingresso, senza produrre risposta immunitaria. Se non bloccato in questa fase precoce il virus risale lungo le vie nervose in direzione centripeta e, una volta raggiunto il sistema nervoso centrale, determina la comparsa dei sintomi clinici. Successivamente riprende il suo percorso in direzione centrifuga raggiungendo le ghiandole salivari e quindi la saliva.

Nei soggetti infettati il virus causa quindi una encefalite e, poiché dopo la comparsa dei sintomi non esiste nessuna cura né per gli animali né per l’uomo, l’esito della malattia risulta letale nel 100% dei casi se non si interviene tempestivamente dopo la sospetta esposizione.

Da un punto di vista epidemiologico, è possibile fare una distinzione tra ciclo urbano e ciclo silvestre della malattia.

In Europa la “rabbia silvestre”, così definita in quanto mantenuta da animali selvatici, ha come serbatoio principalmente la volpe rossa, anche se nell’Europa orientale il cane procione sta assumendo un ruolo epidemiologico importante. Va ricordata inoltre la circolazione del virus nei pipistrelli insettivori. In altre parti del mondo, invece, il mantenimento della malattia coinvolge anche altre specie quali per esempio il procione, i mustelidi e i pipistrelli insettivori, frugivori ed ematofagi.

Per quanto riguarda invece il cosiddetto ciclo urbano, il cane rappresenta il più importante serbatoio del virus.

 

Sintomi e decorso

Negli animali la sintomatologia, caratterizzata da cambiamenti improvvisi del comportamento, compare solo quando il virus ha raggiunto il sistema nervoso centrale.

In molti casi gli animali manifestano comportamenti aggressivi e iperattività, ma spesso si osservano disorientamento, ottundimento e, nel caso di animali selvatici, perdita di diffidenza nei confronti dell’uomo. Si possono inoltre evidenziare alterazioni della fonesi e perdita di saliva. Col proseguire del decorso clinico, si osservano poi sintomi più gravi fino a convulsioni, paralisi e morte.

Nell’uomo, in assenza di interventi di profilassi post esposizione, la malattia in forma clinica causa paralisi o convulsioni, fino alla morte in genere per insufficienza respiratoria.

 

Profilassi e trattamento

La vaccinazione, volontaria o obbligatoria, rappresenta il sistema migliore per la prevenzione della malattia.

In particolare la vaccinazione antirabbica degli animali domestici è obbligatoria in caso di viaggi all’estero e se ci si trova in aree definite “a rischio” dalle Autorità competenti. In quest’ultimo caso verranno emanati specifici provvedimenti che impongono anche la restrizione di alcune movimentazioni degli stessi animali domestici.

La vaccinazione dei selvatici è inoltre lo strumento che viene utilizzato per eradicare la rabbia da un territorio. In questo caso non si tratterà di una vaccinazione somministrata individualmente tramite iniezione ma di una vaccinazione per via orale tramite la distribuzione sul territorio di esche vaccinali. Lo scopo di questo tipo di vaccinazione è quello di ottenere nella popolazione serbatoio una quantità di soggetti vaccinati sufficiente a far sì che il virus non riesca più a trasmettersi da un soggetto all’altro e quindi si estingua.

Per la prevenzione della rabbia è inoltre importante adottare alcune semplici regole di buon comportamento ed in particolare evitare contatti con animali selvatici o domestici sconosciuti (indicazione valida sia per5 le persone che per i propri animali domestici); segnalare al Medico Veterinario eventuali cambiamenti di comportamento improvvisi dei propri animali domestici e segnalare alle Autorità locali competenti animali selvatici che si comportino in modo anomalo.

Anche nell’uomo la profilassi si basa sulla vaccinazione, consigliata alle persone che maggiormente rischiano di venire in contatto col virus perché professionalmente esposte (laboratoristi, veterinari, guardie forestali, ecc) o perché residenti, per un tempo prolungato, in una zona endemica.

In caso di morso o contatto a rischio la prima cosa da fare è un accurato lavaggio della ferita o della parte esposta con acqua e sapone per 15 minuti, seguito da una disinfezione con un comune disinfettante: queste operazioni già sono in grado di ridurre molto il rischio di infezione. È poi necessario contattare tempestivamente il proprio medico di fiducia o i servizi di prevenzione o il pronto soccorso che valuteranno l’opportunità di procedere alla “vaccinazione post-esposizione” ed eventualmente alla somministrazione di immunoglobuline.

 

Autore: Dott. Stefano Gabrio Manciola

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Categorie: Rabbia
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