Il latte rappresenta un alimento molto importante dal punto di vista nutrizionale e costituisce una delle principali fonti energetiche della nostra dieta.
Il Regolamento 853/2004 definisce il latte crudo come il latte prodotto mediante secrezione della ghiandola mammaria di animali di allevamento che non è stato riscaldato a più di 40 °C e non è stato sottoposto ad alcun trattamento avente un effetto equivalente.
Negli ultimi anni i consumatori, soprattutto nel continente europeo, hanno mostrato un aumento di interesse/gradimento verso questa tipologia di prodotto considerandolo genuino e naturale. Da non sottovalutare anche il rapporto diretto tra produttore e consumatore, il prezzo più contenuto rispetto al latte trattato termicamente e la possibilità di acquisto h24 qualora la vendita avvenga tramite distributori automatici posti in luoghi pubblici. Il mancato decadimento delle sostanze termosensibili, dovuto all’assenza di passaggi tecnologici, permette di ritenere il latte crudo di qualità nutrizionale superiore, ma espone inevitabilmente il consumatore a un livello di rischio per la salute molto più elevato rispetto al consumo di latte trattato termicamente.
Nonostante la prima normativa che si interessa della commercializzazione del latte così come viene munto per il consumo umano diretto risale all’art. 4 del DPR 54/97, la possibilità di vendita di latte attraverso distributori automatici viene normata dalla conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano (Intesa, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della Legge 5 giugno 2003, n. 131 , tra il Governo, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano in materia di vendita diretta di latte crudo per l’alimentazione umana), recepita dalla regione Marche con Decreto del Dirigente P.F. Veterinaria e Sicurezza Alimentare n. 123/VSA_04 del 26 maggio 2008. Per circa un decennio ci sono stati solamente due aggiornamenti normativi in tale ambito, il primo dei quali è il Decreto del Dirigente P.F. Veterinaria e Sicurezza Alimentare n. 222/VSA_04 del 3 dicembre 2008 in merito alle prescrizioni relative all’etichettatura, il quale ha reso obbligatorio riportare sulle macchine erogatrici e sui contenitori la dicitura “prodotto da consumarsi previa bollitura”. Successivamente, il 12 gennaio 2009 è stata emanata l’Ordinanza del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali concernente “Misure urgenti in materia di produzione, commercializzazione e vendita diretta di latte crudo per l’alimentazione umana”.
Attualmente la norma in vigore è il Decreto del Dirigente della P.F. Veterinaria e Sicurezza Alimentare n. 110 del 27 luglio 2018, il quale, oltre a modificare le prescrizioni relative al latte crudo riportate nel DDPF n. 123 del 2008, fornisce indicazioni sulle procedure di controllo ufficiale negli allevamenti in merito alle frequenze e alle modalità di verifiche sul rispetto dei requisiti strutturali ed igienico sanitari di tali strutture, non limitandosi quindi alla sola gestione delle non conformità del latte per tenori di germi e di cellule somatiche.
Ai fini dell’applicazione del DDPF n. 110 e del DDPF n. 49/VSA del 26/03/2019, le programmazioni annuali del Servizio Igiene degli Alimenti di Origine Animale dell’Area Vasta 3, dal 2019 ad oggi, hanno previsto almeno un controllo annuale presso ciascun distributore presente nel territorio di propria competenza. I controlli ufficiali sono stati realizzati tramite delle ispezioni in loco eseguite dai Dirigenti Veterinari in collaborazione con i Tecnici della Prevenzione. In concomitanza a tale forma di controllo sono stati eseguiti anche dei campionamenti ufficiali così come richiesto dai piani di campionamento alimenti 2019, 2020, 2021 e 2022.
Negli ultimi quattro anni l’Area Vasta 3 di Macerata ha evidenziato una diminuzione del numero di distributori automatici di latte crudo presenti nel suo territorio. Al 1 gennaio 2019 erano presenti 7 distributori automatici di latte crudo, le cui installazioni, spostandosi dall’entroterra verso la costa, interessavano i comuni di Tolentino, Macerata, Corridonia, Morrovalle, Montecosaro, Civitanova Marche e Porto Recanati. Fatta eccezione per quest’ultimo il cui latte proveniva da un allevamento situato nel territorio dell’Area Vasta 2 di Ancona, tutti i rimanenti distributori ricevono il latte da un unico allevamento di competenza dell’Area Vasta 3. Come illustrato nel grafico n.1, nel 2021 gli operatori del settore alimentare (OSA) responsabili di due distributori, rispettivamente presenti nel comune di Porto Recanati e in quello di Macerata, hanno comunicato la sospensione delle loro attività, portando così il numero di distributori presenti a 5.
Nel 2019 e 2020 sono stati eseguiti 7 controlli ufficiali annui presso i distributori automatici di latte crudo, mentre dal 2021 ad oggi 5, ma considerando le sospensioni delle attività l’obiettivo in termini numerici è stato sempre raggiunto.
In termini qualitativi le ispezioni hanno consentito di accertare che tutti i distributori fossero regolarmente registrati ai sensi del Regolamento 852/2004 e che il latte da loro erogato provenisse da un allevamento presente nella stessa provincia o province contermini. Dal punto di vista igienico strutturale gli OSA hanno sempre dimostrato che le macchine erogatrici poste sotto il loro controllo fossero di facile e agevole pulizia nonché disinfettabili, sia internamente che esternamente. È stato verificato che le superfici destinate a venire in contatto con il latte sono in materiale idoneo al contatto con gli alimenti ed è stata riscontrata la presenza di un rubinetto di erogazione costruito in modo tale da non essere esposto a insudiciamenti e contaminazioni. Inoltre tutti i distributori sono provvisti di un sistema che impedisce il superamento di +4°C. Su tutte le macchine erogatrici sono messe a disposizione sia dell’Autorità Competente, ma soprattutto dei consumatori, le informazioni previste dalla normativa vigente. A partire dalla denominazione di vendita “latte crudo non pastorizzato bovino” e dall’indicazione chiaramente visibile “prodotto da consumarsi solo dopo bollitura”, quest’ultima resa obbligatoria dall’Ordinanza del Ministero della salute del 10 dicembre 2008 in seguito ad alcuni casi di SEU (sindrome emolitica-uremica) riconducibili al consumo di latte crudo. La data di fornitura, che deve essere sempre giornaliera, e la data di mungitura sono sempre riportate. La prima è di fondamentale importanza per poter stabilire a cura del produttore la data di scadenza che non può superare i 3 giorni dalla data di messa a disposizione del consumatore e che viene preceduta dall’indicazione “da consumarsi entro…giorno/mese/anno”. Sono state sempre rinvenute la ragione sociale dell’allevamento di produzione, con indicazione completa della sede dell’azienda stessa (comprensiva del codice aziendale dell’azienda di produzione), e le modalità di conservazione (temperatura compresa tra 0°C e + 4°C).
L’attività ispettiva è stata rivolta anche alla verifica delle corrette condizioni di trasporto dall’azienda di produzione fino al distributore. Tutti controlli hanno confermato che il latte viene trasportato in condizioni igieniche e a temperature adeguate. L’OSA ha dimostrato di essere in possesso di un manuale di autocontrollo all’interno del quale le schede di registrazioni delle temperature di trasporto risultano compilate in maniera adeguata.
Il latte crudo commercializzato per uso alimentare diretto può rappresentare un rischio igienico – sanitario e, pertanto, giustifica l’elevato livello di attenzione e vigilanza da parte dell’Autorità Competente.
Il latte crudo, al momento dell’erogazione dai distributori automatici, deve garantire i requisiti di sicurezza alimentare e quindi non essere dannoso né inadatto al consumo umano e pertanto deve rispettare il limite delle cariche batteriche imposto dalla normativa, essere privo di germi patogeni e loro tossine.
Così come previsto dai piani regionali di campionamento alimenti emanati dal 2019 al 2022, sono stati sempre eseguiti campionamenti ufficiali annuali presso tutti i distributori automatici di latte crudo al fine di eseguire analisi microbiologiche e chimiche. Per le analisi microbiologiche, vista la deteriorabilità della matrice, è stata campionata un’unica aliquota con 5 unità campionarie per la ricerca di Staphylococcus coagulasi positivi, Listeria Monocytogenes, Salmonella spp, Campylobacter termotolleranti e dei seguenti sierogruppi di Escherichia coli STEC: O157, O26, O111, O103, O145 E O104; tutti questi agenti batteriologici sono potenziali responsabili di intossicazioni e tossinfezioni alimentari. Il limite di accettabilità per queste ricerche è quello dell’assenza/presenza fatta eccezione per gli Staphylococcus coagulasi positivi che possono essere presenti in due unità campionarie su cinque purchè all’interno dell’intervallo di 500 – 2000 UFC/ml.
Le analisi chimiche, invece, hanno previsto un campionamento di 4 aliquote e sono state eseguite per determinare se il valore dell’aflatossina M1, sostanza possibilmente cancerogena per l’uomo, fosse superiore ai limiti di 0,050 µg/kg.
Come riportato nella Tabella n. 1 nel quadriennio 2019-2022 sono state eseguite 24 analisi chimiche i cui rapporti di prova non hanno mai dato esiti sfavorevoli. In 6 campionamenti l’Aflatossina M1 non è stata rilevata, mentre nei restanti casi i valori sono compresi tra un minimo di 0,01 µg/kg e un massimo di 0,014 µg/kg.
La Tabella n. 2, invece, mostra che sono stati eseguiti, sempre nell’intervallo 2019-2022, 24 campionamenti per indagini microbiologiche, di cui 17 rapporti di prova hanno evidenziato l’assenza di tutti i microrganismi ricercati, e in particolare la totalità di esiti favorevoli nel 2022. Nei restanti tre anni si può notare che 7 rapporti di prova hanno rilevato una presenza presuntiva di E. coli STEC; soprattutto nel 2020 dove 4 campioni su 7, cioè il 57%, ha mostrato tale esito.
Come riportato nella nota del Ministero della salute DGISAN 0030360-P-21/07/2017, i ceppi di E. coli verocitotossici (VTEC), anche detti E. coli produttori di Shiga tossine o STEC, sono associati alla sindrome emolitica uremica e questa atipica tipologia di refertazione “presenza presuntiva di E. coli STEC” deriva dall’impossibilità di isolare il ceppo STEC da cui sono originate le positività alle fasi di screening. I campioni con questi risultati non configurano una situazione di rischio di infezione da STEC nell’uomo anche se la valutazione di pericolosità non risulta agevole data la mancanza di dati scientifici circa i livelli di carica infettante per i ceppi STEC.
La bozza di linee guida, sviluppata dalla Commissione Europea sull’applicazione dell’articolo 14 del regolamento 178/2002 alla gestione del rischio STEC, definisce chiaramente che non dovrebbero essere prese in considerazione positività presunte o presuntive per STEC ai fini dell’applicazione di misure restrittive. Inoltre il documento distingue le azioni da intraprendere sulla base del profilo di rischio dell’alimento identificato come contaminato da STEC. Il latte crudo, destinato ad essere assunto dopo bollitura, come riportato sul distributore, è classificabile come alimento a rischio basso in quanto tale trattamento è in grado di eliminare o ridurre il rischio di infezione da STEC e al consumatore viene fornita una chiara informazione in tal senso.
Considerato quanto sopra riportato, l’attività svolta dal personale del Servizio Igiene degli Alimenti di Origine Animale ha permesso di garantire, tramite la corretta esecuzione in termini qualitativi e quantitativi dei controlli ufficiali, un elevato livello di sicurezza del latte crudo erogabile dai distributori automatici, permettendo così al consumatore finale di avvicinarsi a questa tipologia di alimento con maggiore fiducia nonostante rappresenti un rischio per la salute umana molto più elevato rispetto al consumo di latte trattato termicamente.