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EVOLUZIONE DELLA NORMATIVA NELLA PRODUZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DELLE UOVA DA CONSUMO

  • 2 novembre 2020
  • Autore: Redazione VeSA
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Quale porzione di mercato occupano le uova da consumo?

Nel 2019 l’Italia ha prodotto oltre 12 miliardi di uova, pari a circa 772 mila tonnellate: +0,04% rispetto al 2018. Considerando il saldo tra import ed export, in Italia sono stati consumati 12,5 miliardi di uova (+0,14% rispetto al 2018), pari a 209 uova a testa, equivalenti a 13,4 chili pro capite (Unaitalia). Il consumo medio di uova nell’UE si stima intorno ai 12 kg pro capite all’anno (Eurostat, 2011). Il livello di autoapprovvigionamento del settore uova si conferma, pertanto, elevatissimo, pari al 97,4%. Delle 209 uova pro capite consumate nel 2019, il 68% è andato alle famiglie (143 uova a testa), mentre il restante 32% è stato impiegato da industria, artigianato e collettività ed è stato, quindi, consumato attraverso pasta, dolci e preparazioni alimentari varie (Unaitalia). L’evoluzione della produzione dai circa 4 mld del 1958 agli attuali 12,5 miliardi di pezzi evidenzia l’enorme sviluppo di questo importante comparto economico nel nostro Paese. Tra i produttori comunitari di uova, l’Italia si posiziona al quarto posto, dopo Francia, Germania e Spagna (report ISMEA 2019). Più della metà di questa produzione è concentrata nel Nord Italia, soprattutto in Veneto e Lombardia, dove si trova quasi la metà delle consistenze nazionali (48%), segue l'Emilia-Romagna con il 16%. Al Sud, è la Sicilia a rappresentare il polo di riferimento con il 6% della produzione nazionale, mentre, al Centro, la prima regione produttrice è il Lazio, con il 5% dei capi allevati. Il 47% dei capi in deposizione è allevato "a terra", il 45% in allevamenti con "gabbie arricchite", il 3% in allevamenti all'aperto e il 5% in allevamenti biologici. Nel mondo i 5 maggiori produttori ed esportatori sono Cina, USA, India, Giappone e Mexico.

Chi stabilisce le regole?

La produzione di uova è disciplinata da norme merceologiche e di commercializzazione precise e dettagliate. Se in Europa si discute presso il Parlamento, il Consiglio o la Commissione Europea, in Italia, il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MIPAAF) è competente per la disciplina degli aspetti merceologici, mentre rimangono di competenza del Ministero della Salute gli aspetti volti alla tutela igienico-sanitaria. L’abitudine al consumo di uova, diffusa con diversa intensità fra i vari Stati dell’Unione, è inscindibile dalle differenti tradizioni alimentari consolidate in ogni cultura. Ciò ha richiesto al legislatore europeo un costante impegno nella predisposizione di atti normativi volti all’armonizzazione e all’organizzazione comune del mercato nel settore uova. Al contrario, il campo specifico del settore igienico-sanitario risente meno del gusto e delle tradizioni dei consumatori, ma si aggiorna e si adatta a nuove evidenze scientifiche o alle emergenze sanitarie che di volta in volta si manifestano.

Cosa intendiamo per prodotto alimentare “uova”?

Con il termine di “uova” si devono intendere, dal punto di vista sanitario, le uova di volatili di allevamento, diverse dalle uova rotte, incubate o cotte, nel loro guscio, adatte al consumo umano diretto o alla preparazione di ovoprodotti (Reg. 853/CE/2004). Parallelamente, dal punto di vista commerciale, le “uova in guscio” sono le uova di volatili da cortile in genere, fresche, conservate o cotte, diverse dalle uova da cova (Reg. UE 1308/2013). In precedenza, si contemplavano solo le uova prodotte da galline della specie Gallus gallus e adatte al consumo umano diretto o alla preparazione di prodotti a base di uova (Reg. 589/CE/2008).

È nato prima l’uovo o la gallina?

Delle uova si è regolamentata nel tempo la commercializzazione, da intendersi come la detenzione ai fini della vendita, cioè lo stoccaggio, l’imballaggio, l’etichettatura, la consegna o qualsiasi altra forma di cessione a titolo oneroso o meno. Tuttavia, primo anello della filiera produttiva delle uova è l’allevamento. Infatti, le produzioni di uova non possono prescindere dalle norme che regolamentano gli allevamenti in genere, di galline ovaiole in particolare. Attualità impattante per il settore è il sempre più crescente interesse da parte del legislatore europeo verso il benessere animale in allevamento, che ha condotto all’emanazione di alcune direttive a partire dagli anni ’80. L’Italia, in attuazione di queste ultime, ha emanato il D.L.vo 267/2003 per la protezione delle galline ovaiole e la registrazione dei relativi stabilimenti di allevamento, che ha comportato, per esempio, che le vecchie gabbie in batteria (“convenzionali”) dovessero essere sostituite con altre più ampie (“modificate” o “arricchite”) o abbandonate del tutto per passare ai sistemi di allevamento a terra.   L’allevamento è, altresì, oggetto di regolamentazione per l’utilizzo di farmaci per gli animali da reddito ai fini della produzione di alimenti. I medicinali veterinari autorizzati per curare o prevenire specifiche malattie devono contenere principi attivi per i quali sia definito il limite massimo di residui (LMR) che, se assunto dall’uomo con gli alimenti, non risulti dannoso per la salute.  Possono essere considerate autorizzate negli animali destinati alla produzione di alimenti solo le sostanze farmacologicamente attive elencate nell’allegato, in continuo aggiornamento, del Regolamento 37/CE/2010. A fianco delle sostanze autorizzate con un LMR, delle direttive europee hanno elencato le sostanze non autorizzate, la cui somministrazione ad un animale è vietata. In Italia, il D.L.vo 158/2006 rappresenta la sintesi delle norme europee ed è attualmente la base legislativa per la programmazione del Piano Nazionale Residui (PNR). Il PNR costituisce un programma di sorveglianza e di monitoraggio della presenza, negli alimenti di origine animale, tramite campionamento sia presso gli allevamenti che gli stabilimenti di produzione e commercializzazione, di residui di sostanze chimiche che potrebbero essere dannose per la salute pubblica. Queste ultime sono raggruppate in Categoria A, sostanze ad effetto anabolizzante o non autorizzate per il trattamento degli animali da reddito (per esempio nitrofurani, nitroimidazoli, cloramfenicolo) e Categoria B, medicinali veterinari  con un LMR  e contaminanti ambientali, il cui tenore massimo va mantenuto a livelli accettabili sul piano tossicologico (per esempio tetracicline, coccidiostatici, sulfamidici, fipronil, composti organoclorurati).

Commercializzazione delle uova da consumo e principi igienico-sanitari, due canali che non si incontrano mai?

L’organizzazione comune dei mercati agricoli è disciplinata dal Reg. UE 1308/2013 a partire dal 1° gennaio 2014, in sostituzione del precedente Reg. 1234/CE/2007. In merito alle norme di commercializzazione applicabili allo specifico settore delle uova, le norme comunitarie di riferimento si sono succedute già dal 1975, fino ad arrivare al Reg. 589/CE/2008, ancora in vigore, nonostante rechi modalità di applicazione del Reg. 1234/CE/2007, ora abrogato. Gli aspetti normati comprendono, tra gli altri: la classificazione delle uova in base alla qualità e al peso, la stampigliatura dei gusci con il solo codice allevamento all’inizio e con il codice di allevamento più il codice del sistema di allevamento (dal 2004), il lavaggio dei gusci (fino al 2006), il termine minimo di conservazione, l’identificazione dei centri di imballaggio. A livello di Stato Membro, oltre all’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alla Comunità Europea, previsti dalle Leggi comunitarie 2007 e 2008, il MIPAAF ha emanato una serie di decreti dettagliando le modalità di applicazione dei regolamenti europei in materia di commercializzazione per le uova da cova e i pulcini di volatili da cortile, da un lato, e in materia di commercializzazione di uova da consumo, dall’altro. A fianco delle norme orizzontali, a carattere trasversale, e verticali, per l’armonizzazione del commercio delle uova, sono stati presi in considerazione dal legislatore europeo, altresì, gli aspetti igienico-sanitari generali relativi alla produzione degli alimenti e specifici in materia di igiene per gli alimenti di origine animale (parte del gruppo di regolamenti che costituiscono il “pacchetto igiene”: Reg. 852/CE/2004, Reg.  853/CE/2004). L’organizzazione dei controlli ufficiali è in capo all’attuale Reg. (UE) 2017/625, applicato a partire dal 14 dicembre 2019, che ha abrogato la parte del pacchetto igiene inerente i controlli ufficiali.  Il nuovo regolamento riassume in un unico documento una serie di norme sui controlli ufficiali e altre attività ufficiali effettuati per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari. Aspetti di comune interesse agli ambiti commerciale e sanitario sono gli obblighi di tracciabilità-rintracciabilità di tutti gli attori della filiera, dall’allevamento al negozio al dettaglio (Reg. 178/CE/2002), e le informazioni al consumatore, come, per esempio, le dichiarazioni nutrizionali e le evidenze degli allergeni, in particolare per i prodotti contenenti uova, ai sensi del Reg. (UE) n. 1169/2011, riferimento legislativo ancora attuale in materia di etichettatura degli alimenti.

Sono previste eccezioni?

Un aspetto non trascurabile è il campo di applicazione delle norme. Infatti, le norme di commercializzazione attualmente in vigore escludono dalla loro applicazione le uova vendute direttamente dal produttore al consumatore finale nel luogo di produzione, in un mercato pubblico locale o nella vendita porta a porta nella regione di produzione dello Stato Membro (area di territorio compresa entro un raggio massimo di 10 Km dal luogo di produzione: DMIPAAF 11-12-09). In questi casi, le uova non sono classificate in base alla qualità e peso. Le uova, però, devono essere stampigliate con il codice del produttore, ad eccezione di quelle provenienti da un produttore avente fino a 50 galline ovaiole e a condizione che il nome e l’indirizzo siano indicati nel punto vendita e comunicato a voce nella vendita porta a porta. Analogamente, sono esclusi dal campo di applicazione del pacchetto igiene la produzione primaria per uso domestico privato, la preparazione, manipolazione e conservazione domestica di alimenti destinati al consumo domestico privato, la fornitura diretta di piccoli quantitativi di prodotti primari direttamente dal produttore al consumatore finale o a dettaglianti locali che forniscono il consumatore finale. Le linee guida nazionali hanno definito come ambito locale i confini della stessa provincia e delle provincie limitrofe.

Cosa ci dobbiamo aspettare?

Le associazioni di categoria auspicano l’adozione da parte di sempre più allevatori della scelta, fino all’assunzione a obbligo di legge, di stampigliare per primi le proprie uova, da conferire a un centro di imballaggio, in modo da garantire una tracciabilità sicura. L’attenzione ai temi del benessere animale, prima, e della sicurezza alimentare, poi, insieme al biologico, all’ecosostenibilità e alla lotta allo spreco, in un’ottica di trasparenza delle informazioni, si estrinseca in una reciproca influenza da parte di tutti gli attori istituzionalmente preposti, favorita anche dalla divulgazione da parte degli strumenti di informazione. Infatti, se da un lato dobbiamo riconoscere nei consumatori una maggiore consapevolezza della necessità di assicurare elevati livelli di salubrità nelle varie fasi, dall’altro il mercato della grande distribuzione ha recepito i gusti del consumatore informato e sensibilizzato, dirottando, per esempio, la fornitura di uova da allevamenti in gabbia a uova da allevamenti a terra. Non da meno, gli organismi giurisdizionali sono chiamati a tradurre in atti legislativi le esigenze di trasparenza dei consumatori, sempre conciliando gli aspetti commerciali con quelli sanitari.

 

AUTORE: Dr.ssa Vittoria Di Trani

Area Vasta 5 AP/SBT

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