I glicoalcaloidi sono composti che in natura sono presenti in differenti verdure di largo consumo, in particolare risultano evidenti nella famiglia delle Solanacee, che comprende molte specie comunemente consumate e coltivate nei nostri orti, ne sono esempio patata, pomodoro, peperone, peperoncino, melanzana. Il loro consumo e la grande diffusione in Europa iniziò dal 600-700, a seguito della loro importazione. Infatti tutte queste piante hanno origine extra-mediterranee, provenendo per lo più dall’America, ad eccezione delle melanzane che sono di provenienza asiatica.
Per meglio valutare se ci siano rischi concreti per chi consuma abitualmente queste verdure, la Commissione Europea ha dato mandato all’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) nel luglio del 2020, di vagliare gli studi disponibili e di raccogliere nuovi dati sui glicoalcaloidi e i suoi agliconi nelle varietà di patate nel mercato, comprese le nuove varianti, e negli alimenti per lattanti, e di definire così le dosi che potessero servire come riferimento
In seguito a tale incarico l'EFSA ha prodotto uno studio, tramite il gruppo di esperti scientifici sui contaminanti nella catena alimentare (CONTAM), ove ha valutato i rischi per la salute umana e animale connessi alla presenza di glicoalcaloidi negli alimenti e nei mangimi, in particolare derivati dalle patate e dai prodotti che ne contengono derivati.
Gli esperti dell'EFSA hanno ravvisato un potenziale problema di salute a carico dei grandi consumatori del tubero, questo vale per le popolazioni in cui l’utilizzo di questa verdura è molto diffuso ed in particolare per i neonati ed i bambini, dove l’avvelenamento da glicoalcaloidi può causare sintomi gastrointestinali acuti come nausea, vomito e diarrea.
In conseguenza di ciò, recentemente, precisamente il 02/08/22, una nota emessa dal Ministero della Salute (prot. 0033589) inviata alle Regioni e Province Autonome, informa riguardo l’emanazione della Raccomandazione UE 2022/561 della Commissione del 6 aprile 2022 relativa al monitoraggio della presenza di glicoalcaloidi nelle patate e nei prodotti originati dalle patate.
La Raccomandazione rileva che, ove si riscontrassero concentrazioni di tossine superiori ai livelli indicativi (100 mg/kg), per la somma dell’α-solanina e dell’α-caconina, si dovrà procede ad indagini supplettive atte a comprendere la causa del superamento dei valori. Al laboratorio di riferimento verrà comunicata la raccolta di indagini conoscitive (“follow up investigation”) che dovranno essere successivamente specificate nell’implementazione del sistema NSIS RADISAN-flusso MON nel campo “actiontaken”. Informazioni sulle risultanze delle indagini si devono trasmettere inoltre all’Ufficio 6 del Ministero della Salute “Igiene delle tecnologie alimentari”.
I glicoalcaloidi, come facilmente intuibile dalla definizione, sono composti chimici che derivano da alcaloidi con annessi zuccheri. Molti di essi sono potenzialmente tossici, questo è peculiare per la specie vegetale Solanum dulcamara (belladonna agrodolce) ed altre piante del genere Solanum, compresa la classica patata assieme ad oltre 2900 altre specie, molto diverse tra loro, che annoverano frutta e verdura, il tabacco e diverse piante ornamentali.
Il ruolo biologico dei glicoalcaloidi è quello di difesa della pianta stessa: sono pesticidi naturali ed hanno azione repellente verso insetti, vermi e batteri patogeni. Nella patata la solanina e chaconina (caconina) sono attivi, per esempio, contro la dorifora e la peronospera.
Se assunti dall’uomo, in determinate quantità, queste sostanze possono causare sintomi quali sudorazione, nausea, diarrea, crampi addominali, mal di testa, paralisi, insufficienza respiratoria e cardiaca fino al coma e la morte. I sintomi si osservano di solito da 8 a 12 ore dopo l’ingestione ma possono verificarsi anche dopo solo dieci minuti dall’aver consumato cibi ad alto contenuto di solanina.
Vari sono I meccanismi di azione ipotizzati su come la solanina provochi tossicità sugli esseri umani ma ancora non ne è stato ufficializzato alcuno. Sembra che i glicoalcaloidi del solano inibiscano la colinesterasi distruggendo così le membrane cellulari, e ciò può influenzare la permeabilità intestinale e aumentare l’infiammazione dell’intestino in individui predisposti a malattie infiammatorie.
La patata è l’ortaggio più studiato in quanto è un alimento molto consumato soprattutto nei paesi del nord e del centro Europa .
L’Unione Europea non ha stabilito limiti massimi per i glicoalcaloidi ma paesi come l’Ungheria, Germania, Finlandia e Svezia applicano normative Nazionali o raccomandazioni dove sono stati stabiliti livelli massimi di solanina e glicoalcaloidi nelle patate fresche, valori che sono fissati a 100 mg/Kg per i primi due e 200mg/kg per i secondi paesi citati.
L’Istituto Federale Tedesco per la valutazione del rischio (BFR) ha inteso assumere provvedimenti dopo i casi di avvelenamento di una famiglia, avvenuta nel 2015, che consumava abitualmente piatti a base di patate non sbucciate. Nel caso descritto le analisi effettuate hanno rilevato un tenore di GA pari a 236 mg/KG di prodotto. Il valore limite considerato sicuro all’epoca era di 200mg/Kg e quindi il BFR ha convenuto, a seguito di studi, di dimezzare il limite e portarlo a 100 mg/kg.
Attualmente la dose giornaliera tollerabile, sempre per L’Istituto tedesco, risulta abbassata a 0,5 mg di glicoalcaloidi per Kg di peso corporeo al giorno.
Basandosi sulle più recenti conoscenze disponibili l'EFSA ha stabilito un LOAEL (livello piu basso dove si osservano effetti avversi) pari a 1mg di glicoalcaloidi per Kg di peso corporeo al giorno.
Sarebbero potenzialmente letali per gli esseri umani dosi comprese tra 3-6 mg su Kg di peso corporeo.
Parimenti si può parlare dello stesso rischio nell’alimentazione degli animali da reddito in quanto le patate possono entrare nella composizione di razioni alimentari o mangimi, ove possono essere utilizzate tal quali (con buccia e germinazioni) come scarto delle lavorazioni per uso umano o, per quanto riguarda i pet, nelle preparazioni in cui vengono impiegate come fonte di amido, in modo da poter etichettare il prodotto come “senza cereali”.
Si consideri inoltre che I glicoalcaloidi non vengono rimossi con la cottura, da ciò ne consegue che le sostanze tossiche non sono eliminate durante il processo produttivo del mangime.
Nutrire quotidianamente un cane con mangimi contenenti patate provoca quindi un’elevata probabilità che le sostanze tossiche si accumulino nel suo organismo, lasciando ai glicoalcaloidi la possibilità di danneggiare, ad esempio la parete intestinale ed i villi, che si rimpiccioliscono e diminuiscono di numero fino al punto che non sono possono più svilupparsi. Questo può avvenire soprattutto negli animali più giovani o in quelli con un cattivo funzionamento intestinale. Per questo motivo, in tali occasioni, il grado di digeribilità e di assorbimento del cibo diventa considerevolmente inferiore e la crescita e lo sviluppo degli animali risulterà inevitabilmente rallentato.
Quali accorgimenti i consumatori possono mettere in atto per ridurre l’esposizione agli agenti tossici delle patate, considerando che da alcuni studi si è determinato che 100 gr di patate contengono circa 10 mg di glicoalcaloidi:
- evitare patate verdi o fortemente germogliate, vecchie o secche, queste non sono adatte al consumo in quanto avranno sicuramente contenuti tossici superiori;
- sbucciare le patate può ridurne il contenuto di alcaloidi del 25-75%, bollirle in acqua del 5-65% e friggerle in olio del 20-90%;
- consumo delle bucce (parte dove la solanina si concentra di più) solo con patate fresche e non danneggiate;
- conservazione delle patate in luogo fresco ed asciutto ed al riparo dalla luce, infatti la solanina tende ad aumentare in ragione della sintesi clorofilliana, ed infatti l’inverdimento aumenta il livello di alcaloide;
- evitare che i bambini piccoli consumino patate non sbucciate;
- ricordarsi che un’elevata concentrazione di GA (sup. a 100 mg/Kg di prodotto) determina un sapore amaro con bruciore alla lingua.
Il Ministero della Salute riporta inoltre che non risultano disponibili, sul territorio nazionale, metodi validati per la ricerca di glicoalcaloidi. A tal fine chiede di essere messo a conoscenza qualora ci fossero laboratori che intendano procedere allo sviluppo e validazione dei metodi al fine di adempiere alle richieste della Raccomandazione UE citata, invitandoli a coordinarsi con il laboratorio nazionale di riferimento (micotossine-tvn@iss.it).
Autori
Alessandra Garzetta (Servizio Igiene degli Alimenti e della Nutrizione - A.S.U.R. Area Vasta 3 Macerata)
Giuseppe. Iacchia (Servizio Igiene degli Allevamenti e delle Produzioni Zootecniche - A.S.U.R. Area Vasta 4 Fermo)
Si invitano gli interessati a prendere visione del seguente lavoro e dei link correlati:
https://www.efsa.europa.eu/it/news/glycoalkaloids-potatoes-public-health-risks-assessed