La leishmaniosi è una malattia zooonosica causata da un protozoo appartenente al genere Leishmania spp. Nel mondo sono state identificate circa 30 specie di Leishmania e la maggior parte di esse causano malattie cliniche nell’uomo.
L’infezione viene trasmessa da vettori del genere Phlebotomus, insetti molto piccoli, con un corpo che raramente eccede in lunghezza i 3 mm (1), sono attivi al crepuscolo e durante la notte, dalla primavera all’autunno.
Il cane rappresenta il principale serbatoio di infezione umana per Leishmania infantum in un’area che si estende dal Portogallo alla Cina.
I soggetti sintomatici possono presentare un’enorme varietà di sintomi, tra cui i più comuni sono: alterazioni della cute (Fig. 1), linfoadenomegalia, lesioni oculari, poliuria e polidipsia (1,3). E’ opportuno però tenere in considerazione che molti cani non manifestano segni clinici evidenti e rimangono asintomatici (4).
Fig. 1. Cane affetto da leishmaniosi con alterazioni tipiche della cute.
Come patologia zoonosica, la leishmaniosi nell’uomo si manifesta principalmente in 3 forme: cutanea (la più diffusa), viscerale (la più severa, fatale se non trattata, in quanto colpisce gli organi vitali del corpo) e mucocutanea. Ogni anno si stima che nel mondo si verifichino tra 700.000 e 1.000.000 di nuovi casi con circa 26.000–56.000 decessi (3).
In Italia nel 2020 ci sono stati 6 casi di leishmaniosi cutanea e 29 casi di leishmaniosi viscerale, tutti autoctoni (5).
La Leishmaniosi viscerale zoonotica causata da Leishmania infantum è correlata nell’uomo con malattie immunodeprimenti, è inoltre tradizionalmente legata a forme nei bambini e nei neonati (1).
Negli ultimi anni, sulla base di una disamina bibliografica che è stata condotta, viene riportato che tale patologia è stata segnalata in differenti paesi tra cui: Spagna, Portogallo, Francia, Italia, Malta, Grecia, Turchia, Israele, Egitto, Tunisia, Algeria, Marocco, Iraq, Iran, le repubbliche asiatiche dell’ex URSS, Pakistan e alcune aree della Cina, inoltre si è assistito all’individuazione di focolai autoctoni in aree considerate indenni come l’Inghilterra, la Germania, la Svizzera, Ungheria, Romania, Albania e Serbia (3). I cambiamenti climatici rivestono un ruolo determinante nella diffusione di questa patologia (6). Nelle aree endemiche si ritiene infine che quasi tutti i cani presenti si infettino durante il corso della loro vita. Principalmente nelle aree rurali o nelle periferie delle città (1).
Già nel 1984 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha pubblicato un rapporto sul controllo della leishmaniosi. Nel 2007 l’Assemblea Mondiale della Sanità ha adottato la risoluzione WHA 60.13 dove si sollecita la stesura di piani di controllo e sistemi di sorveglianza, la predisposizione di misure di prevenzione adeguate, l’accesso a metodi diagnostici e terapeutici appropriati da parte dei Paesi dove la leishmaniosi costituisce un problema di salute pubblica. Ciononostante le azioni di controllo in Italia sono state sviluppate in maniera eterogenea. Non è presente infatti una linea guida comune, addirittura 10 regioni, ovvero la metà del territorio nazionale non hanno negli anni emanato piani specifici per il monitoraggio-sorveglianza della leishmania (Fig. 2).
Fig. 2. In rosso sono evidenziate le regioni in cui è stato emanato un piano di sorveglianza per la leishmania, in blu quelle in cui è presente un piano di monitoraggio (3).
Le Marche, ma anche Emilia Romagna, Lazio, Campania e Calabria hanno emanato piani di sorveglianza, mentre Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia piani di monitoraggio. Le attività di sorveglianza sono incentrate sul cane che è il principale vettore sinantropico della malattia e le azioni di controllo sono basate sugli interventi sul vettore e sul serbatoio dell’infezione, sulle prescrizioni al proprietario degli animali, sull’applicazione di uno scambio informativo interprofessionale (ONE HEALTH). La prevenzione è di massa e individuale (3). Per prevenzione di massa si intende la protezione dal vettore dei cani infetti, i piani di monitoraggio e sorveglianza, la sorveglianza e controllo dei canili sanitari e rifugi, la movimentazione interregionale dei cani sotto controllo sanitario, la lotta al randagismo. La prevenzione individuale si basa invece sulla diagnosi tempestiva e sul corretto protocollo terapeutico.
In Italia la percentuale media della siero prevalenza nel 2017 è stata del 18,65% (3) ma nonostante siano tanti i casi rilevati passivamente ogni anno dai laboratori accreditati alla diagnosi, pochissime sono le notifiche ufficiali, determinanti per una corretta mappatura epidemiologica. Tuttavia i dati relativi alla prevalenza della malattia nelle strutture di ricovero rappresentano una sentinella della diffusione di questo problema.
La leishmaniosi è una malattia soggetta a segnalamento a norma del Regolamento di Polizia Veterinaria DPR n. 320 del 8 febbraio 1954. I Servizi di Sanità Pubblica Veterinaria (SSPV) hanno infatti il compito di riferire i casi di accertata positività al Servizio di Igiene e Sanità Pubblica (SISP) e al Centro Epidemiologico Regionale Veterinario (CERV); contestualmente provvedono a registrare i casi di positività nel sistema SINZOO ai fini della rendicontazione annuale. Il SISP allo stesso modo comunica ai SSPV i casi di leishmaniosi umana per gli opportuni adempimenti di competenza. La notifica obbligatoria dei casi umani di leishmaniosi è stata istituita con Decreto Ministeriale del 15 dicembre 1990.
L’obiettivo principale del piano è quello di ridurre l’incidenza della leishmaniosi nelle strutture di ricovero dei cani randagi e nella popolazione dei cani insistenti sul territorio marchigiano.
L’attività svolta dai Servizi Sanità Pubblica Veterinaria nei canili ha permesso di individuare i cani infetti e ammalati per sottoporli a terapia e profilassi, consentendo in questo modo indirettamente, la protezione dei soggetti sani e l’acquisizione di dati sulla prevalenza della distribuzione della patologia sul territorio.
Nelle strutture di ricovero per cani della provincia di Macerata, nel 2021, i nuovi ingressi sono stati 537 di cui 195 randagi. Di questi, 124 soggetti non di proprietà e di età superiore a 6 mesi sono stati sottoposti a valutazione clinica e controllo sierologico per leishmaniosi: l’immunofluorescenza indiretta (IFI) è il test di riferimento riconosciuto dall’OMS.
Il test IFI ha permesso di individuare 4 cani positivi (3,2%) con titolo anticorpale uguale o superiore a 1:160 (2). Nello specifico questi animali sono stati sottoposti a ciclo terapeutico dopo la cattura: Antimoniato di N-metilglucammina e Allopurinolo (2).
Inoltre, il test ha rilevato anche 12 cani (9,7%) con infezione “dubbia” aventi titolo anticorpale compreso tra 1:40 e 1:80 (2) e quindi, come da normativa, questi soggetti vengono monitorati nel tempo con controllo clinico e sierologico ogni 8-16 settimane.
Tutti i cani che hanno presentato una valutazione clinica di caso “positivo” o “dubbio” sono stati dotati di collare ad azione repellente durante il periodo di maggiore attività vettoriale al fine di ridurre la circolazione dell’agente eziologico e proteggere contestualmente i cani sani (Fig. 3).
Fig. 3. Cane dotato di collare ad azione repellente.
La corretta gestione di questi cani è necessaria per garantire i loro affidi/adozioni in piena sicurezza sanitaria che, attraverso consenso informato e come previsto dal modello n° 4 della DGR 1652/2012, vengono fornite le necessarie indicazioni gestionali ai proprietari.
Queste attività sono fondamentali per il controllo della diffusione della leishmaniosi e soprattutto per prevenire i casi di zoonosi a tutela della salute pubblica.
I dati quindi ottenuti dall’attività di sorveglianza sui cani vaganti catturati dal Servizio Veterinario hanno mostrato una sieronegatività riportabile all’87,1% (titolo sierologico inferiore a 1:40) (2) per quanto riguarda l’area della provincia di Macerata, che evidenzia la presenza di casi anche nelle zone collinari dell’entroterra che fino a poco fa non erano interessate da tale fenomeno.
La leishmaniosi ha importanti ricadute sulla tutela della salute pubblica e le attività sanitarie di prevenzione e contrasto della sua diffusione sono di particolare rilevanza.
Sulla base dei dati disponibili si evidenzia una sottostima dei casi di leishmaniosi nella popolazione canina insistente sul territorio marchigiano per incompletezza e/o assenza di segnalazioni che non permettono un adeguato ed efficace controllo della malattia. E’ quindi fondamentale che la rete dei medici veterinari aumenti la propria sensibilità verso la puntuale segnalazione dei casi di leishmaniosi nel pieno rispetto dell’obbligo normativo.
Bibliografia:
- Craig E. Greene (2008), Malattie infettive del cane e del gatto - Malattie batteriche e protozoarie, Terza edizione, Elsevier
- Linee guida per il controllo del serbatoio canino della leishmaniosi viscerale zoonotica in Italia (Rapporti ISTISAN 04/12)
- https://www.salute.gov.it
- Ian R. Tizard (2009), Veterinary Immunology, Ottava edizione, Saunders
- https://apps.who.int/neglected_diseases/ntddata/leishmaniasis/leishmaniasis.html
- Circolare del Ministero della Salute n. 33122 del 14/10/2020
Autore: Dott. Luca Costantini