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Rischio di pandemia di influenza suina

  • 18 settembre 2020
  • Autore: Redazione VeSA
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L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), l’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale (OIE) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) hanno redatto una dichiarazione congiunta sul rischio di pandemia di influenza suina in seguito ai dati, riportati in un recente rapporto, sulla circolazione di virus influenzali del sottotipo A (H1N1) nella popolazione suina in Cina, con prove di potenziale zoonotico.

Keith Sumption, Chief Veterinary Officer della FAO afferma che "sebbene ci siano dati limitati per valutare le infezioni umane e la circolazione di questi virus nei suini, la consapevolezza e la vigilanza sono fortemente consigliate. I virus analizzati nel recente rapporto dalla Cina mostrano infatti caratteristiche associate a una maggiore capacità di trasmissione zoonotica in quanto presentano alcuni marcatori genetici che suggeriscono la possibile infezione umana; possono replicarsi nelle cellule delle vie aeree umane e possono essere diffusi tramite goccioline respiratorie (droplet) tra i furetti ".

Nella dichiarazione viene quindi sottolineata l’importanza della raccolta di dati aggiornati sulla sorveglianza dell'influenza suina in tutti i Paesi, dati che dovranno quindi essere rapidamente analizzati per una valutazione del ​​rischio su scala globale e per consentire il monitoraggio del modo in cui si diffondono virus endemici e nuovi.

Per ottenere i migliori risultati è quindi assolutamente indispensabile e fondamentale un approccio di cooperazione internazionale One Health.

Proprio per ottenere gli obiettivi indicati, il Network OFFLU (OIE-FAO Network of Expertise on Animal Influenza) permette la condivisione immediata dei dati di sorveglianza dei suini per garantire che venga applicato un approccio unico verso i virus dell'influenza A emergenti e che gli strumenti diagnostici siano regolarmente aggiornati per rilevare un'ampia gamma di virus influenzali. In particolare, a tal proposito, si raccomanda che i laboratori continuino a condurre i test per l'influenza suina secondo gli standard internazionali dell'OIE (ulteriori informazioni sui test, protocolli e linee guida per la sorveglianza sugli animali e sull’uomo sono forniti sui siti web dell'OIE, della FAO e dell'OMS).

Negli ultimi anni inoltre la disponibilità di dati sui virus influenzali emergenti, attraverso il Sistema GISRS (Global Influenza Surveillance and Response System), ha consentito agli specialisti della salute pubblica e animale di valutare tempestivamente i rischi di potenziali pandemie.

Nel documento viene quindi evidenziato che, analizzando la situazione globale, negli ultimi quattro decenni si sono verificati casi di trasmissione sporadica di virus influenzali tra animali e esseri umani. Queste infezioni zoonotiche debbono comunque ricordare che la minaccia di una pandemia influenzale è persistente.

Sebbene l'influenza aviaria sia stata al centro della sorveglianza e della preparazione alla pandemia, l'influenza suina non dovrebbe essere trascurata. In particolare non bisogna dimenticare che la pandemia H1N1 del 2009 è stata causata da un ceppo di virus dell'influenza suina A che è stato introdotto nell'uomo e diffuso in tutto il mondo. Da allora gli esseri umani hanno reintrodotto questi virus nei maiali, dove continuano ad evolversi. È fondamentale quindi identificare i virus influenzali emergenti nelle popolazioni suine e studiarne la potenziale capacità di infettare l’uomo.

Un aspetto essenziale nella strategia globale per la preparazione alle pandemie è senza dubbio lo sviluppo di virus vaccinali contro l'influenza zoonotica A e a tale scopo è indispensabile una sorveglianza continua degli animali, una valutazione del rischio dei ceppi emergenti nelle popolazioni di suini e la segnalazione tempestiva delle infezioni umane, come previsto dal regolamento sanitario internazionale.

In particolare, un virus vaccinale per l’uomo a scopo precauzionale e di preparazione ad eventuali pandemie è già stato sviluppato dal WHO Collaborating Center presso China CDC.

 

Autore: Dott. Stefano Gabrio Manciola

 

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