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Le biotossine nei molluschi marini

  • 26 settembre 2012
  • Autore: Redazione VeSA
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Il problema legato alla presenza di biotossine algali sta assumendo  una grossa rilevanza dal punto di vista igienico sanitario: si registra infatti un ampliamento della diffusione della contaminazione delle nostre acque da parte di alghe potenzialmente tossiche.
L’aumento degli scambi commerciali, il traffico navale, l’apertura di nuove vie d’acqua, hanno modificato l’equilibrio biologico anche del  Mar Mediterraneo.
La “tropicalizzazione” di esso ha avuto inizio alla fine dell’800 con l’apertura del canale di Suez: mettendo in comunicazione il mediterraneo con il Mar Rosso, si è creata la via per l’ingresso di specie ittiche nuove (pesce palla, pesce pappagallo, pesce balestra, nuove specie di barracuda e sicuramente nuove microalghe).
La costruzione della diga di Assuan (anni 50-60) ha drasticamente ridotto l’apporto di acqua dolce delle periodiche piene del Nilo, mettendo fine all’esistenza di quel cuscinetto di acqua dolce che si opponeva da sempre  all’ingresso di specie non normalmente presenti.
La stessa importazione di nuove specie ittiche da destinare all’allevamento può essere stata veicolo inconsapevole di importazione di specie estranee.
Le acque di sentina  e di zavorra delle navi di ritorno dai mari tropicali, eventi fortuiti come la fuoriuscita della Caulerpa Taxifolia dall’acquario di Monaco, possono essere ulteriori vie di arrivo di contaminanti non autoctoni.

Cosa sono le biotossine

Le microalghe, sia originarie dei nostri mari che arrivate in un secondo tempo, concorrono a formare, insieme agli organismi animali più semplici, quell’entità dispersa nell’acqua marina che viene denominata “plancton”. I molluschi bivalvi si nutrono filtrando ogni giorno quantità  variabili di acqua marina e trattenendo il plancton stesso.

Normalmente la quantità dell’acqua filtrata varia  in relazione alla stagione, alla temperatura dell’acqua stessa e all’ entità  dell’insolazione. Oggi, come già detto, alghe nuove di origine tropicale sono entrate a far parte del plancton presente nel nostro mare: esse sono dette “potenzialmente tossiche” poiché, una volta filtrate dai molluschi, vengono digerite e le “scorie” della loro digestione si accumulano nei tessuti (polpa) dei molluschi sotto forma di “biotossine”.


Quali sono?

Tossine lipofiliche: costituiscono un complesso di tossine in grado di  provocare una sindrome a carattere gastrointestinale (nausea, vomito diarrea).
La prima intossicazione collettiva messa in relazione con una di queste tossine, si è verificata  nel 1978 in Giappone. Negli anni seguenti si è registrata anche in Europa. Nel 1989 , in Italia , hanno provocato intossicazioni messe in relazione con il consumo di molluschi provenienti dall’Adriatico. La massima tossicità da tossine lipofiliche si verifica nelle cozze, molto meno in vongole ed ostriche.
In prima battuta si credette che la sindrome gastrointestinale fosse da mettere in relazione con un’unica tossina denominata DSP (Diarrhoetic Shellfish Poisoning) mentre si tratta invece dell’effetto sinergico  di differenti molecole tossiche e/o di una sola molecola fortemente concentrata, più precisamente di Acido okadaico (e derivati totali ), Azaspiracidi , Pectenotossine e Yessotossine.
Le strane denominazioni derivano generalmente dal luogo, dalla specie di mollusco o dalla struttura chimica con le quali dette molecole sono state evidenziate per la prima volta.
 

PSP (Paralithyc Shellfish Poisoning):  in alcune aree costiere, in occasioni fortunatamente rare, ostiche, mitili, cappesante, certe lumache di mare ed occasionalmente pesci, possono diventare tossici e provocare nel consumatore una sindrome neuroparalitica. Questa biotossina agisce infatti, bloccando la trasmissione degli impulsi nervosi,potendo arrivare a provocare la morte per paralisi respiratoria. Le molecole tossiche che possono dare questa malattia sono circa 20 e derivano dalla digestione, da parte dei molluschi, di alghe del genere  Alexandrium e Goniaulax. In Italia si è verificato,  in Sardegna, un solo episodio di contaminazione dei mitili, prontamente riscontrato, che non ha avuto conseguenze per i consumatori, grazie ai tempestivi provvedimenti di blocco della pesca e della distribuzione messi in opera dalle Autorità sanitarie.

NSP (Neurotoxic Shellfish Poisoning) la tossina responsabile  è detta anche brevitossina poiché derivante dalla digestione dell’alga Dinoflagellata detta  Ptycodiscus breve ( già Gymnodinium). Questa tossina agisce bloccando la trasmissione neuromuscolare a livello di muscoli scheletrici. Diversi casi sono stati registrati in Florida, Golfo del Messico, paesi Caraibici, Spagna. La sintomatologia si manifesta con parestesie dell’estremità degli arti, nausea, vertigine, vomito e l’intossicazione può essere mortale.
Mai evidenziata in Italia, non è,  al momento, oggetto di monitoraggio in via continuativa.

ASP (Amnesic Shellfish Poisoning)  tossina che provoca  vomito, diarrea, stato confusionale, perdita della memoria ed, in casi estremi, coma. E’ legata alla presenza nell’acqua di mare di alghe della famiglia delle Diatomee. Una volta digerite dai molluschi provocano l’accumulo di una sostanza detta Acido Domoico, tossico per la conducibilità nervosa. La presenza di diatomee del genere Nietszchia è stata concomitante con la formazione di “Mucillagine” in diverse occasioni, pur non avendo provocato, in Italia, casi di malattia nei consumatori.
 

Potrà interessare i lettori la notizia che, a partire dalla fine del 2011, anche nelle Marche,  è stata data piena attuazione al Regolamento CE 15/2011, che, di fatto, individua nel metodo chimico, l’unico metodo ufficiale per il dosaggio e l’evidenziazione delle biotossine nei molluschi,  permettendo così l’abbandono della metodica che prevedeva l’inoculazione del topino. 

Si è riusciti così ad avvalorare un metodo che soddisfa la tendenza, fortemente avvertita in Europa e in molte parti del mondo, ad abbandonare, per quanto possibile, l’uso degli animali da esperimento e da laboratorio.     

Da evidenziare come la normativa comunitaria in vigore, nota come "pacchetto igiene" ( ed in particolare il Reg. 853/2004 Allegato III, Sezione VII, Capitolo V) preveda dei limiti quantitativi precisi per tali biotossine..
 

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Ultima modifica: 9 settembre 2013           

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