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L’esportazione verso i Paesi terzi di integratori alimentari

Mai come in questo periodo assume un’importanza fondamentale la commercializzazione di prodotti quali sono gli integratori alimentari. La concomitanza di trovarsi nella fase dell’anno autunnale-invernale in cui è maggiormente necessario supportare l’organismo incrementandone il sostegno immunitario, e naturalmente la concomitanza della nota pandemia da Sars Covid 19, accresce una richiesta che l’offerta, a volte, fatica ad esaudire.

La legislazione nazionale è attualmente carente di specifici accordi commerciali riguardanti la possibilità di esportare integratori alimentari (di cui alla Direttiva 2002/46/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 10 giugno 2002) verso taluni Paesi Terzi.

Per integratori alimentari (IA) intendiamo prodotti contenenti fonti concentrate di elementi, proposti quali supplementi di quanto già assunto con la normale alimentazione. Rifacendoci alla Direttiva citata (successivamente modificata dal Regolamento (CE) 1170/2009 della Commissione) gli IA sono composti destinati ad integrare la dieta normale e che costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico, sia monocomposti che pluricomposti, in differenti formulazioni di dosaggio (cioè in forme di commercializzazione quali capsule, pastiglie, compresse, pillole e simili, polveri in bustina, liquidi contenuti in fiale, flaconi a contagocce e altre) destinati ad essere assunti in piccoli quantitativi unitarie. Esiste un’ampia gamma di elementi che possono farne parte, in particolare ma non in via esclusiva, vitamine, minerali, aminoacidi, acidi grassi essenziali, fibre ed estratti di origine vegetale. L’etichettatura, la presentazione e la pubblicità degli stessi non gli devono attribuire proprietà terapeutiche né capacità di prevenzione o cura delle malattie né fare riferimento a simili proprietà, non possono inoltre riportare diciture che affermino o sottintendano come una dieta equilibrata e variata non sia, di per sé stessa, in grado di apportare sostanze nutritive in quantità sufficienti.

L’assunzione di questi elementi in quantità eccessive può dar luogo a reazioni avverse per la salute. Tale rischio ha giustificato la fissazione, secondo i casi, di livelli massimi che possono essere contenuti nei prodotti, in condizioni di sicurezza, tali da garantire che il normale uso dell’integratore, nelle modalità indicate dal fabbricante, non comporti rischi per il consumatore.

In Italia la norma cha ha recepito la Direttiva 2002/46/CE è il Decreto Legislativo 21 maggio 2004, n. 169 nei cui allegati vengono specificati gli integratori alimentari ammissibili al commercio (anche i termini quali «complemento alimentare» o «supplemento alimentare» sono da intendersi come sinonimi). Tale doverosa restrizione comporta che nella fabbricazione di questi prodotti possono essere usati solo vitamine e minerali elencati nell'allegato I del Decreto, e solamente nelle formulazioni enumerate nell'allegato II della stessa norma.

La predetta carenza di accordi commerciali con i Paesi extra UE ha fatto sì che numerose richieste di chiarimenti pervenissero al Ministero della Salute, Direzione Generale per l'igiene e la Sicurezza degli Alimenti e la Nutrizione, che si è espresso con la nota 0041039-20/11/2020-DGISAN-MDS-P (linkare)

Nello specifico viene precisato che l’esportazione di Integratori verso Paesi Terzi è possibile anche senza la stipula di specifici accordi sanitari purché vengano acquisite, per il tramite degli importatori, informazioni in merito alla possibilità di commercializzazione dei prodotti stessi nel territorio di destinazione. In ambito nazionale si evidenzia come gli operatori del settore, per il rilascio delle certificazioni sanitarie, debbano rivolgersi alle Aziende Sanitarie Locali che supervisionano le attività degli impianti (registrati in conformità al Regolamento 852/2004 CE), che, per l’emissione della documentazione potranno utilizzare i modelli generici pubblicati sul sito nazionale del Ministero della Salute all’indirizzo:http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?id=1626&area=veterinariaInternazionale&menu=esportazione  e che vengono qui allegati per completezza della trattazione:

- PT-AL 01; (linkare)

 certificato sanitario per l’esportazione di alimenti di origine vegetale o prodotti composti destinati al consumo umano  

- PT-AL 02; (linkare)

 certificato sanitario per l’esportazione di alimenti di origine vegetale o prodotti composti destinati al consumo umano

- PT-AL 03; (linkare)

 certificato sanitario per l’esportazione di prodotti composti destinati al consumo umano

Sarà sempre cura del Servizio Sanitario valutare, ogniqualvolta se ne renda necessario, quale certificato utilizzare, precisando che la possibilità di procedere all’emissione dello stesso potrà avvenire solo se l’operatore dell’ASL dispone degli elementi di conoscenza riguardo alla sussistenza dei requisiti richiesti.

Autori: Dr. Giuseppe Iacchia*     D.ssa Rossana Anna Belfiglio**

*Direttore SIAPZ ASUR Area Vasta 4 Fermo

**Direttore SIAN ASUR Area Vasta 4 Fermo

 

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