INTRODUZIONE
Un pizzico di sale: che sarà mai?
In realtà, come per tante altre cose apparentemente molto semplici, dietro ad un pizzico di sale si celano mille spunti: storico-culturali, scientifici, clinici, preventivi, sociali, ambientali, gastronomici e altro ancora…
Iniziamo con una affermazione scientifica: il sodio, comunemente assunto sotto forma di cloruro di sodio e conosciuto come sale da cucina, è necessario per le normali funzioni dell’organismo animale, quindi anche dell’uomo.
Il sodio è un nutriente essenziale necessario per il mantenimento del volume del plasma, l'equilibrio acido-base, la trasmissione degli impulsi nervosi e la normale funzione cellulare.
Nella sua forma anionica e cationica entra nelle funzioni di tutte le cellule nelle quali è particolarmente importante mantenere l’equilibrio elettrolitico.
Ad es. a livello delle cellule del miocardio (cuore), uno squilibrio nelle quantità di sodio e potassio predispone alle aritmie, laddove l’impulso elettrico viene alterato quando l’ambiente si trovi in eccesso o in difetto del catione Na (sodio).
Ma l’equilibrio omeostatico è importante anche a livello cerebrale e muscolo-scheletrico, urinario e intestinale.
Dunque, il nostro organismo, insieme a tanti altri elementi minerali, ha bisogno di sodio e noi lo introduciamo attraverso il cibo, sia con alimenti che lo contengono naturalmente sia come aggiunta prevalentemente mediante la formulazione del cloruro di sodio, appunto il sale.
Tuttavia è bene precisare subito che, come ampiamente noto, un eccesso di sodio è molto dannoso per la salute e numerosi studi indicano la necessità di ridurne l’apporto e contemporaneamente aumentare l’assunzione di potassio nella popolazione generale. Ma questi aspetti li approfondiremo successivamente.
Dell’importanza del sale erano ben consapevoli gli antichi e al riguardo ci sono molte testimonianze in varie epoche.
CENNI STORICO-CULTURALI
Fin dalle più antiche civiltà stanziali: sumerica, egiziana, cinese (3000 a.C.), ittita ed ebrea (2000 a.C.), si hanno informazioni circa l'utilizzo del sale per le sue capacità di conservazione dei cibi.
Gesù Cristo stesso nel Discorso della Montagna chiamò i suoi discepoli “sale della terra”.
In particolare, poi i popoli mediterranei ebbero un forte rapporto con la storia del sale, elemento ritenuto più prezioso dell'oro. Le "vie del sale" tracciate dal mare verso i territori interni costituivano le grandi strade commerciali dell'antichità. Per passare sulla “strada del sale” si doveva pagare una tassa e lo Stato esigeva un obolo che veniva calcolato sul valore della merce in transito. Una per tutte citiamo la Via Salaria che da Porto d’Ascoli porta a Roma, ancora oggi.
Interessante ritrovare la radice etimologica “sal” in parole come "salve","salus" (salute), "salubritas" (sanità) e “salario” la razione di sale ricevuta come paga dai soldati insieme con i viveri.
Durante il Medioevo il sale continuò ad essere ritenuto merce preziosissima, le gabelle applicate su di esso passarono dal 2,5% dell'età Imperiale al 20%, e l'Italia divenne il centro del suo commercio.
E uno degli oggetti più belli e preziosi del Manierismo europeo è proprio la meravigliosa saliera d’oro di Cellini.
Anche nella tradizione popolare sono numerosi i collegamenti con la preziosità del sale, molto diffusa ad es. ancora oggi la superstizione che versare il sale porti sfortuna.
Da quello che era un componente della dieta rarissimo e prezioso, e dunque usato con estrema parsimonia, negli ultimi decenni, a seguito dell’estrazione intensiva e all’utilizzo spesso indiscriminato, il sale è stato spesso inserito esageratamente negli alimenti, creando una sorta di “dipendenza” e notevoli danni alla salute.
Oggi in Italia, come in molti altri paesi occidentali, larga parte della popolazione assume una dose doppi quotidiana del sale necessario al nostro organismo, quasi sempre a causa del consumo di prodotti alimentari industriali che ci spingono ad assuefarci al salato ricercandone sempre dosi maggiori.
Le motivazioni alla produzione di cibi particolarmente salati spaziano dalla ricerca dell’esaltazione del gusto, dalle salse ai dolci, all’incentivazione del consumo di bevande: classico l’esempio degli aperitivi accompagnati da patatine, salatini, olive e noccioline salate.
CENNI ECONOMICO-SOCIALI
Il sale da cucina si distingue in base alle fonti di raccolta:
- il mare, dal quale si ricava per evaporazione (sale marino);
- il suolo (miniere derivanti dalla lenta evaporazione di antichi bacini marini) da cui si estrae la salgemma.
Le saline per alcune zone sono state, e tuttora sono in qualche caso, importanti realtà per il settore economico-produttivo e in Italia ne esistono ancora un certo numero, alcune delle quali ancora operative e talvolta inserite in Parchi protetti: affascinanti mondi da scoprire e da conoscere.
Indipendentemente dalla provenienza il sale si distingue in:
- Sale raffinato (fino o grosso): contiene solamente cloruro di sodio e deriva dalla raffinazione del sale marino oppure della salgemma. Sottoposto a numerosi lavaggi e trattamenti: è il più economico
- Sale integrale non raffinato: contiene naturalmente altri minerali, tra cui rame, iodio, bromo e zinco, ma anche più sodio. Per questo va usato con maggiore parsimonia rispetto al sale raffinato
- Sale dietetico: contiene meno sodio, in quanto parte del cloruro di sodio è sostituito da cloruro di potassio. Può talvolta essere consigliato dal medico ai soggetti ipertesi, che hanno difficoltà a limitare i propri consumi di sale comune.
- Sale iodato: è sale raffinato a cui viene aggiunto iodio. Non è un prodotto dietetico ma un alimento di consumo corrente. Negli ultimi anni il suo consumo è sempre più diffuso e incentivato dal Ministero della Salute, essendo indicato per la popolazione generale per la prevenzione del gozzo endemico e di altre patologie da carenza iodica. Soltanto in presenza di specifiche patologie tiroidee la persona deve chiedere parere all’endocrinologo prima di consumarlo. Ovviamente è fondamentale un consumo morigerato anche di questo tipo di sale, infatti lo slogan è “Poco sale e solo iodato”.
Altre formulazione con le quali può essere assunto il sodio sono il sodio bicarbonato e molecole utilizzate come additivi alimentari quali sodio glutammato, sodio fosfato, sodio carbonato e altri, a loro volta molto usati specie nei dadi da brodo, salsa di soia e insaporitori vari, che dunque vanno consumati con estrema moderazione.
In effetti, forse ai nostri tempi c’è più attenzione alla riduzione del sale aggiunto (sale discrezionale), vista una certa consapevolezza del ruolo del sodio nel rischio di ipertensione, malattie cardiache e ictus. Tuttavia le insidie del sale “nascosto” (non discrezionale) non mancano e sono legate in particolare alla trasformazione dei modelli alimentari conseguenti all'aumento della produzione di alimenti sempre più elaborati, alla rapida urbanizzazione e al cambiamento degli stili di vita. Gli alimenti altamente trasformati sono sempre più disponibili e di costi sempre più bassi. In generale, le persone in tutto il mondo consumano molti alimenti ad alta intensità energetica ricchi di grassi saturi, zuccheri e sale. Allo stesso tempo, le persone tendono a consumare quantità subottimali di ortaggi e fibre alimentari (es. i cereali integrali), componenti chiave di una dieta sana. Frutta e verdura contengono potassio, che contribuisce a ridurre la pressione sanguigna.
Questo cambiamento peggiorativo delle abitudini alimentari è più spiccato tra le fasce socio-economiche più disagiate, contribuendo a quelle disuguaglianze di salute che sempre più purtroppo si stanno diffondendo in tutto il mondo, compresa l’Italia. Sicché, ad es. la vera dieta mediterranea che era appannaggio delle popolazioni più povere attualmente viene adottata dalle popolazioni più ricche con i suoi vantaggi per la salute, mentre i gruppi più poveri si sono accostati alla dieta “occidentale”, spesso più conveniente economicamente ma con tutto il suo corteo di rischi per la salute.
ASPETTI SCIENTIFICO-CLINICI
Il sale da cucina è costituito per circa il 40% del suo peso da sodio, principale responsabile del caratteristico sapore salato. I LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di nutrienti ed energia per la popolazione italiana) identificano in 1,5 g/die di sodio, pari a 3,75 g di sale al giorno, il livello di Assunzione Adeguata (AI - Adequate Intake) per la popolazione generale adulta di entrambi i sessi.
Il sodio contenuto naturalmente negli alimenti è sufficiente a coprirne il fabbisogno e a garantire le perdite giornaliere. Forse sarà una sorpresa, ma, se si segue un’alimentazione bilanciata, non è necessario aggiungere sale ai cibi. Solo in condizioni di sudorazione estrema e prolungata o in particolari situazioni patologiche i fabbisogni di sodio possono aumentare.
Ricordando che il sodio è un minerale fondamentale per l’omeostasi del nostro organismo, dobbiamo anche sottolineare che l’eccesso di assunzione di sale è collegato a molte patologie.
Numerosissimi studi in diverse parti del mondo hanno dimostrato che una serie di patologie sono causate o esacerbate da una dieta ricca di sale. Sebbene le prove più forti siano a dimostrazione che una dieta ricca di sale sia fattore di rischio per ipertensione arteriosa, ictus e malattie cardiache, vi è anche una vasta serie di prove che indicano un legame tra il consumo di sale e altre condizioni. L’eccesso di sale è stato collegato infatti anche a insufficienza cardiaca; malattia renale e calcoli renali; obesità; osteoporosi; cancro gastrico; ritenzione idrica. Altri studi rilevano che esacerbi i sintomi di diabete, malattia di Ménière, asma, Alzheimer.
Un cenno particolare merita l’ipertensione arteriosa, la condizione in cui la pressione sanguigna viene mantenuta ad alto livello per periodi di tempo prolungati. È noto che l'ipertensione incontrollata contribuisce a varie patologie come la malattia coronarica, l'ictus, l'insufficienza cardiaca congestizia, la malattia vascolare periferica e l'insufficienza renale. Poiché un'eccessiva ingestione di sale può portare all'ipertensione ne consegue che la regolazione dell'assunzione di sale nella dieta è molto importante. Essendo uno dei principali elettroliti, il sodio è essenziale per regolare la pressione sanguigna. Inoltre, l'omeostasi del sodio è di fondamentale importanza per una serie di funzioni cellulari vitali come l'eccitabilità, l'accoppiamento eccitazione-contrazione, il metabolismo energetico, la regolazione del pH, nonché per lo sviluppo e la crescita cardiaca. D'altra parte, un'eccessiva assunzione di sodio da fonti alimentari in stretta relazione con la dieta e lo stile di vita è un forte fattore di rischio per l'ipertensione, poiché la maggior parte delle persone con ipertensione sono particolarmente sensibili all'assunzione di sale. Tuttavia, anche altri fattori di rischio tra cui obesità, diabete, assunzione insufficiente di potassio, calcio e magnesio, mancanza di attività fisica e consumo cronico di alcol svolgono un ruolo importante. Parallelamente altri studi dimostrano che il consumo di una dieta a basso contenuto di sodio da almeno 1 a 12 mesi riduce sia la pressione sistolica che quella diastolica. Inoltre è stato dimostrato che l'assunzione prolungata di una dieta a basso contenuto di sodio può portare a una migliore rilevazione del gusto salato a basse concentrazioni, che aiuta a mantenere una dieta a basso contenuto di sodio.
Pertanto, vi sono ampie prove che la riduzione del sale attraverso una dieta a basso contenuto di sale è di fondamentale importanza per la prevenzione e la gestione dell'ipertensione.
ASPETTI EPIDEMIOLOGICI
Alcuni dati sul consumo di sale vengono rilevati anche dai sistemi di sorveglianza di popolazione attivi in Italia.
La popolazione adulta italiana
Il sistema di sorveglianza Passi offre alcuni dati utili sul tema del consumo di sale nella popolazione adulta (18-69 anni) italiana e straniera, indagando sia la consapevolezza della popolazione sull’importanza di controllarne il consumo, sia l’attenzione di medici e operatori sanitari a questo aspetto.
Gli ultimi dati disponibili, riferiti al triennio 2015-2017 su un campione di oltre 100mila intervistati rivelano che oltre la metà della popolazione (57%) dichiara di fare attenzione alla quantità di sale che consuma a tavola, nella preparazione dei cibi e nel consumo di cibi conservati, o di cercare di ridurne le quantità.
L’uso consapevole del sale:
- è più frequente fra le donne (63% vs 55% negli uomini)
- cresce all’avanzare dell’età raggiungendo il 66% fra i 50-69enni (vs 44% fra i 18-34enni);
- è più frequente fra i residenti delle Regioni del Centro-Nord rispetto a quelli del Meridione (59% vs 52%)
- è più frequente fra i cittadini italiani rispetto ai cittadini stranieri (57% vs 47%)
- è più frequente fra le persone con meno difficoltà economiche rispetto a chi ha difficoltà ad arrivare alla fine del mese (59% vs 53%).
Fra le persone con almeno una patologia cronica, e in particolare tra chi ha una diagnosi di ipertensione arteriosa o di insufficienza renale (per la quali la riduzione del consumo di sale diventa strumento terapeutico per il controllo della malattia), la percentuale di chi fa un uso consapevole del sale risulta più alta (75%), ma non raggiunge la quota di persone che ci si aspetterebbe.
Anche fra le donne in gravidanza, malgrado l’esiguo numero nel campione, la quota di chi fa attenzione al consumo di sale è significativamente maggiore (72%) rispetto al resto della popolazione.
A fronte di questi dati sulla consapevolezza dei cittadini del rischio per la salute associato a un eccessivo consumo di sale a tavola, fra quelli che hanno avuto un contatto con il proprio medico o un operatore sanitario nell’ultimo anno emerge che:
- poco più di 1 intervistato su 4 (27%) riferisce di aver ricevuto il consiglio medico di fare attenzione al consumo di sale:,
- ha ricevuto un consiglio di attenzione al sale il 57% fra le persone con ipertensione o insufficienza renale, quindi molto meno frequentemente dell’atteso.
Questi ultimi dati colpiscono in quanto il counselling sanitario, il minimal advice e l’intervento motivazionale sono tutti strumenti di provata efficacia nella promozione della salute e/o nel favorire l’adesione ai programmi di prevenzione; andrebbero dunque praticati molto più spesso anche in rifermento al consumo di sale.
I bambini italiani
Nell’indagine 2016 del sistema di sorveglianza OKkio alla Salute (dedicato ai bambini delle scuole primarie, 6-10 anni), il questionario rivolto ai genitori è stato arricchito con una domanda sui comportamenti alimentari adottati in famiglia, tra cui il consumo di sale:
- il 47,7% dichiara di utilizzare il sale iodato (di questi il 52,8% lo consuma sempre e il 25% solo alcune volte);
- il 44,1% dichiara di ridurre il consumo di snack salati;
- il 42,1% dichiara di ridurre il consumo di sale;
- il 33,3% dichiara di non consumare sale a tavola.
Il comportamento meno frequentemente rilevato è il consumo di pane senza sale (11,8%), rilevato soprattutto in Toscana e Umbria, dove la produzione di pane senza sale (cosiddetto pane “sciapo”) costituisce una forte tradizione.
Anche nel questionario rivolto ai dirigenti scolastici sono state introdotte alcune domande sull’utilizzo del sale iodato:
- solo il 6,4% dichiara di aver aderito o di aver realizzato iniziative di comunicazione per la riduzione del consumo di sale e/o la promozione del consumo di sale iodato (il 4,5% al Nord, il 6,7% al Centro e l’8,6% al Sud).
Era il 2013 quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità pubblicava le nuove linee guida sul sale e sul potassio nella dieta.
Le raccomandazioni salienti, tuttora valide, riguardano il consumo da parte degli adulti che
dovrebbero consumare meno di 2.000 mg di sodio, equivalenti a meno di 5 grammi di sale e almeno 3.510 mg di potassio al giorno. Infatti, come già esposto, una persona con livelli elevati di sodio e bassi livelli di potassio potrebbe essere a rischio di aumento della pressione sanguigna che aumenta il rischio di malattie cardiache e ictus, tuttora prima causa di morte e disabilità a livello globale.
I LARN italiani, poi consigliano per la popolazione italiana un consumo ancor più basso: non più di 3,75 g di sale al giorno.
Nonostante ciò, attualmente, la maggior parte delle persone consuma ancora troppo sodio e non abbastanza potassio.
Infatti a fronte della raccomandazione dell’OMS di consumare non più di 5 g di sale al giorno, molti paesi nel mondo, compresa l’Italia, consumano 8-12 grammi al giorno, il doppio del massimo raccomandato!
In Italia nell’ambito dei progetti Ccm “Minisal-GIRCSI” e “Meno sale più salute”, è stata realizzata dall’Istituto Superiore di Sanità la determinazione del consumo di sodio e potassio nella popolazione generale adulta italiana, nel corso dell’indagine dell'Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare/Health Examination Survey periodo 2008-2012, attraverso la raccolta dell’urina delle 24 ore in campioni di popolazione di età 35-79 anni arruolati in tutte le Regioni italiane, complessivamente 1963 uomini e 1894 donne. Il consumo medio giornaliero di sale è risultato di 10,6 g (DS ±4,0) negli uomini e di 8,2 g (DS ±3,3) nelle donne, ben superiore a quello raccomandato. Soltanto il 5% degli uomini e il 15% delle donne consuma meno di 5 g. Viceversa le assunzioni di potassio sono risultate inferiori ai valori raccomandati. La regione Marche ha registrato un consumo superiore rispetto al dato nazionale, in particolare da parte delle donne.
Con queste premesse ridurre gli apporti di sale risulta essere un’importante misura sia preventiva che terapeutica.
Il sodio è presente allo stato naturale in molti alimenti quali frutta, verdura, carne, pesce ma anche nell’acqua, e, in quantità molto più elevate, in alimenti trasformati, come pane (circa 250mg/100g), carni trasformate come pancetta, (circa 1.500mg/100g), prosciutto crudo (circa 2400mg/100 g) alcuni formaggi soprattutto stagionati (circa 600-800 mg/100 g), snack come salatini, bignè e popcorn ( circa 1.500mg/100g), nonché in condimenti come salsa di soia (circa 7.000mg/100 g) e cubetti di brodo o brodo (circa 20.000mg/100 g).
Gli alimenti ricchi di potassio includono invece alimenti vegetali come: fagioli e piselli (circa 1.300mg di potassio per 100g), noci (circa 600mg/100g), spinaci, cavoli e prezzemolo (circa 550mg/100g) e frutta come banane, papaie e datteri (circa 300mg/100g). La lavorazione riduce la quantità di potassio in molti prodotti alimentari.
Nell’introito giornaliero, tra i prodotti trasformati, la principale fonte di sale è rappresentata dal pane e dai prodotti da forno (biscotti, crackers, grissini, ma anche merendine e brioches da prima colazione) e da cereali per la colazione. Questi alimenti comunemente non sono considerati tra i possibili apportatori di sale ma, di fatto, lo sono più di quanto si possa pensare. I derivati dei cereali rappresentano una fonte importante di sale perché sono consumati quotidianamente e in quantità più elevata rispetto ad altri alimenti, quali per esempio insaccati e formaggi, che in assoluto contengono maggiori quantità di sale ma sono consumati in quantità minore.
Anche alcuni condimenti utilizzati in sostituzione o in aggiunta al sale sono ricchi di sodio. È il caso, per esempio, del dado da cucina, del ketchup e della salsa di soia.
È quindi auspicabile moderare il consumo di panificati e l’uso dei condimenti ricchi di sodio.
Interessante al riguardo il fatto che il Ministero della Salute, nell’ambito del Programma Guadagnare salute ha stipulato, a partire dal 2009, Protocolli d’Intesa con le associazioni dei panificatori artigianali e le aziende dell’industria alimentare. L’obiettivo è stato quello di ridurre il contenuto di sale nel pane artigianale e in alcuni prodotti industriali come pane, gnocchi confezionati, primi piatti pronti surgelati, zuppe e passati di verdure surgelati; queste azioni sono state rafforzate da ulteriori interventi di riduzione del contenuto di sodio che hanno coinvolto numerosi prodotti alimentari.
Particolare attenzione va poi posta al consumo del sale in età pediatrica. Ci sono prove scientifiche che dimostrano che un elevato apporto di sale nei bambini influenzando la pressione sanguigna può predisporlo allo sviluppo delle più volte citate malattie tra cui: ipertensione, osteoporosi, malattie respiratorie come asma, cancro allo stomaco e obesità.
Inoltre, ci sono prove che le abitudini alimentari durante l'infanzia e l'adolescenza influenzano anche i modelli alimentari nella vita successiva. Il gradimento del sale e dei cibi salati è una preferenza di gusto appresa e la raccomandazione che la popolazione adulta riduca l'assunzione di sodio avrà più successo se i bambini non sviluppano una preferenza per il sale; ciò può essere raggiunto solo se i bambini ricevono una dieta a basso contenuto di sale.
STRATEGIE PREVENTIVE E CONSIGLI PRATICI
Scendere ad un consumo di sale al di sotto di 5 g al giorno permette di raggiungere un buon compromesso tra il soddisfacimento del gusto e la prevenzione dei rischi legati all’assunzione eccessiva di sodio.
La riduzione del sale è opportuno che non avvenga in modo brusco (potrebbe esserci un rifiuto del nuovo sapore) bensì graduale, infatti anche se il palato è molto versatile, quando è abituato a cibi molto saporiti ha comunque bisogno di un po’ di tempo per essere rieducato a cibi meno salati: di solito bastano poche settimane con riduzione graduale di sale.
L’utilizzo di spezie e/o di erbe aromatiche può venire in aiuto in questo caso, conferendo ai cibi un sapore piacevole anche in assenza del sale.
Come gli adulti, i bambini consumano più sale della raccomandazione massima ed è necessario adottare semplici misure per aiutare a ridurre l'assunzione di sale. Ad esempio:
- dare loro spuntini sani come frutta e yogurt piuttosto che patatine, popcorn, altri snack salati ( ricordiamo che il sale poi spesso viene aggiunto anche a preparazioni dolci!)
- ridurre il consumo di panini con prosciutto, formaggio, tonno,
- non aggiungere mai sale ai loro alimenti
- controllare le etichette di prodotti come salse, pane e cereali per la colazione
- quando si cucina per bambini di tutte le età non aggiungere sale al cibo
- scoraggiarli dall'aggiunta di sale a tavola.
Le abitudini formate durante l'infanzia continuano fino all'età adulta, quindi sarebbe bene ridurre l'assunzione di sale da oggi stesso per noi e per i nostri bambini!
Visto che a livello europeo i consumi di sale risultano eccessivi come già riportato e che l’Italia non fa eccezione, almeno per i prodotti confezionati abbiamo una validissima alleata: l’etichetta!
Ma non tutti guardano le etichette…
Poiché il miglioramento delle abitudini alimentari è una responsabilità sia sociale che individuale, è necessario un approccio basato sulla popolazione, multisettoriale e culturalmente rilevante.
L’OMS individua le seguenti principali strategie chiave per la riduzione del sale:
- politiche governative - comprese adeguate politiche e normative fiscali - per garantire che produttori e rivenditori di alimenti producano alimenti più sani o rendano disponibili e accessibili prodotti sani;
- collaborare con il settore privato per migliorare la disponibilità e l'accessibilità dei prodotti a basso contenuto di sale;
- consapevolezza dei consumatori e responsabilizzazione delle popolazioni attraverso il marketing sociale e la mobilitazione per sensibilizzare alla necessità di ridurre il consumo di sale;
- creare un ambiente favorevole per la riduzione del sale attraverso interventi politici locali e la promozione di contesti di “cibo sano” come scuole, luoghi di lavoro, comunità e città;
- monitoraggio dell'assunzione di sale nella popolazione, fonti di sale nella dieta e conoscenza dei consumatori, atteggiamenti e comportamenti relativi al sale per informare le decisioni politiche.
Azioni pratiche locali per ridurre l'assunzione di sale includono:
- integrare la riduzione del sale nel curriculum formativo dei gestori di alimenti;
- rimuovere le saliere e la salsa di soia dai tavoli dei ristoranti;
- evidenziare maggiormente sugli scaffali di vendita quali sono i prodotti più ricchi di sodio;
- fornire consigli dietetici mirati alle persone che visitano le strutture sanitarie;
- sollecitare le persone a limitare l'assunzione di prodotti ricchi di sale e sostenere la scelta di ridurre il sale utilizzato per cucinare;
- educare i bambini e fornire un ambiente favorevole ai bambini in modo che inizino presto con l'adozione di diete a basso contenuto di sale.
Le azioni dell'industria alimentare dovrebbero includere:
- ridurre progressivamente il sale nei prodotti: una riduzione graduale nel tempo permette ai consumatori di adattarsi al gusto e quindi ne evita il passaggio a prodotti alternativi;
- promuovere i benefici del consumo di cibi meno salati attraverso attività di sensibilizzazione dei consumatori nei punti vendita;
- ridurre il sale negli alimenti e nei pasti serviti nei ristoranti e nei punti di ristoro ed etichettare il contenuto di sodio di cibi e pasti.
Il Capitolo 8 delle Linee guida per una sana alimentazione italiana, aggiornamento 2018 appena presentate è completamente dedicato al sale e costituisce il riferimento più diretto su questo argomento.
E per il prossimo anno, ricordiamoci della Settimana sulla Consapevolezza del Sale (World Salt Awarness Week) che si tiene da 12 anni ogni anno a marzo promossa dalla World Action on Salt & Health (Wash, associazione internazionale con partner in 100 Paesi). L’edizione 2019 è stata incentrata sulla necessità di intervenire concretamente per modificare le abitudini alimentari della popolazione con il titolo “It’s time for Action on salt. Let’s take salt off the menu” (È ora di intervenire sul sale. Togliamo il sale dai menù), un obiettivo che Wash cerca di raggiungere promuovendo 5 gesti quotidiani volti a ridurre il consumo giornaliero di sale a meno di 5 grammi, secondo le raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms):
• ridurre gradualmente il sale utilizzato per cucinare, in modo che il gusto si adatti mano a mano
• per dare più sapore al cibo, usare erbe e spezie al posto del sale
• scolare e risciacquare bene le verdure e i legumi in scatola che potrebbero essere stati conservati in acqua salata
• controllare le etichette dei cibi prima di acquistare un prodotto e scegliere quelli con meno contenuto di sale
• levare dalla tavola saliere e salse salate in modo che i più giovani della famiglia non si abituino ad aggiungere il sale al cibo che mangiano.
Ad oggi, la Wash sottolinea che nessun Paese ha raggiunto la raccomandazione dell’Oms né ha avviato interventi sufficienti per raggiungere una riduzione del 30% dell’assunzione di sale entro il 2025, così come da accordi internazionali pregressi. Per questo Wash promuove 4 azioni da mettere in campo tempestivamente per la riduzione del consumo di sale:
• i governi dovrebbero dare priorità alla salute della popolazione e impegnarsi in un’azione più forte sul sale
• l’industria alimentare dovrebbe approntare ulteriori interventi per la riduzione del sale, in base alle indicazioni dei responsabili politici
• le associazioni di volontariato socio-sanitario e le organizzazioni non governative dovrebbero intervenire, diffondendo informazioni sulla quantità di sale presente nel nostro cibo e sulla necessità di ambienti più sani che consentano scelte più salutari
• gli individui dovrebbero attivarsi, scrivendo alle aziende per chiedere alimenti contenenti meno sale, scrivendo ai rappresentanti del governo per chiedere una politica forte sulla riduzione del sale, condividendo sui social media strategie personali di riduzione del sale, incoraggiando amici e familiari ad aggiungere meno sale ai cibi e scegliendo le opzioni con il più basso contenuto di sale.
In sintesi ecco quattro semplici raccomandazioni da mettere in atto oggi stesso:
1. Ridurre il sale durante le preparazioni
2. Non tenere la saliera sulla tavola mentre si mangia
3. Limitare il consumo di snack salati
4. Leggere l’etichetta e scegliere preferibilmente alimenti a basso contenuto di sale (inf. a 0,3 g/100g)
In conclusione, quando si tratta di tutelare la salute si tratta sempre di fare scelte equilibrate e consapevoli e, per dirla alla latina, basterebbe fare scelte, a tutti i livelli, cum grano salis…
Arrivederci al 2020…
Dott.ssa Elsa Ravaglia
(U.O.S. Igiene della Nutrizione - SIAN AV1 ASUR MARCHE)
Nota: Il presente articolo è stata redatto in attuazione della Determina DG/ASUR n.
734/2016, nell’ambito del Gruppo della Comunicazione del rischio dell’AV1 - 2019