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Rischi microbiologici dal consumo di formaggi al latte crudo

  • 21 gennaio 2021
  • Autore: Redazione VeSA
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Negli ultimi anni le mutate abitudini del consumatore hanno mostrato una tendenza sempre maggiore alla ricerca di alimenti poco trasformati o, ancor meglio, non sottoposti a trattamenti termici (c.d. “minimally processed food”), in quanto ritenuti capaci di apportare maggiori benefici nutrizionali e salutistici. Questo fenomeno ha interessato anche il settore lattiero-caseario portandolo ad offrire prodotti sempre più freschi e al latte crudo o prodotti con metodi tradizionali.

Questi formaggi sono il risultato di processi produttivi che garantiscono la conservazione della flora microbica autoctona del latte non essendo sottoposti ad alcun trattamento termico di risanamento come avviene invece pastorizzando il latte.

Che il latte crudo e i prodotti a base di latte a crudo, ossia ottenuti senza essere sottoposti a un trattamento termico di pastorizzazione, siano un possibile pericolo di trasmissione di agente patogeni all’uomo è nota da molto tempo.

I principali pericoli microbiologici da consumo di  formaggi non trattati termicamente o cosiddetti  “ formaggi a latte crudo” sono dati da agenti come Salmonella sp, Campylobacter sp,  E. coli produttori di shigatossine (STEC);  Stafilococchi  aureus tossigeni, Listeria monocytogenes,  ma anche da agente un po’ dimenticati come Micobacterium bovis agente zoonotico della tubercolosi, Brucella mellitensis e B. abortus agente zoonotico della brucellosi.

L’ Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha pubblicato nel 2015 un parere scientifico sui rischi per la salute pubblica associati al latte crudo, illustrando in una tabella riassuntiva i principali pericoli potenzialmente presenti nel latte crudo senza alcun trattamento, che sono non solo microbici ma anche virali e parassitari (vedi tab 1).

Tabella 1  - principali pericoli potenzialmente presenti nel latte crudo

I pericoli microbiologici presenti nel latte crudo possono essere eliminati mediante trattamento termico di pastorizzazione del latte.

Il trattamento dopo pastorizzazione, come definito dal  Reg CE 853/2004, si ottiene mediante il riscaldamento del latte crudo alla temperatura di 72°C per 15 secondi, o quella di 63°C per 30 minuti o ancora mediante il trattamento ad altra temperatura per un tempo appropriato a negativizzare la Fosfatasi Alcalina (ALP). La Fosfatasi Alcalina è una enzima presente naturalmente nel latte crudo che viene inattivata in condizioni di trattamento termico leggermente più drastiche di quelle richieste per la distruzione dei batteri patogeni, pertanto la sua negativizzazione assicura l’eliminazione delle principale forme vegetative dei batteri patogeni.  

Relativamente ai pericoli microbiologici della materia prima latte, impiegato per la trasformazione in formaggi, i microorganismi come Salmonella sp., Escherichia coli produttore di tossina (STEC), Campylobacter sp thermolitic e Listeria monocytohenes sono essenzialmente germi patogeni ubiquitari che si trovano in diverse specie di animali e nel latte da loro prodotto. La presenza di Brucella abortus e Brucella melitensis e di Mycobacterium bovis nel latte crudo sono invece associate a casi oramai isolati e geograficamente ristretti ad alcune zone sia in Europa che in Italia, grazie al sistema di profilassi adottato negli allevamenti sia in Italia che in Europa, per combattere queste malattie.

In funzione della tipologia di batterio patogeno eventualmente presente, abbiamo una diversa sintomatologia, vedi tabella 2

Tabella 2-  Microorganismi che causano malattie tossico infettive di origine alimentare che hanno come fonte il latte e i prodotti a base di latte

Microrganismo

Nome comune della malattia

Tempo di esordio dopo l’ingestione

Sintomi

Durata della malattia

Fonti alimentare di trasmissione

Campylobacter sp termotoleranti  (jejuni, coli, lari )

Campilobacteriosi

2 – 5

giorni

Diarrea, crampi  addominali, mal di testa, febbre e vomito; diarrea che può contenere emorragica

Meno 1% casi si ha forma più grave in pazienti anziani o giovani e includono meningiti, endocarditi e aborti

2 - 10 giorni

Pollame crudo e poco cotto, latte non pastorizzato, acqua contaminata, formaggi a latte crudo

Escherichia coli

O 157:H7

 

Colite emorragica o infezione da E. coli da

O 157:H7

1-8

giorni

Diarrea grave (spesso emorragica), dolore addominale  e vomito. Presenza di poca o nessuna febbre. Più comune nei bambini di età inferiore ai 4 anni. Può portare ad insufficienza renale e può essere associata a diverse sequele croniche che includono artrite reattiva, infiammazioni a carico di fegato e reni e la sindrome di Guillain-Barré.

5 - 10 giorni

Carne poco cotte (specialmente hamburger), latte e succhi di frutta non pastorizzati, frutta e vegetali crudi( principalmente germogli) e acqua contaminata. Ingestione di formaggi a latte crudo bovino

Escherichia coli  produttore di tossina

Infezione da E. coli

( causa comune della diarrea del viaggiatore)

 

1 – 3

giorni

 

Diarrea acquosa, crampi addominali e talvolta vomito

3 – 7 o più giorni

 

Acqua o alimenti contaminati da feci umana o animali

Listeria monocytogenes

Listeriosi

 

15 – 50 giorni

(media di

28 giorni)

 

Febbre, dolori muscolari e nausea o diarrea.  Le gestanti possono avere sintomi riferibili a lieve influenza e l'infezione può portare a parto prematuro o aborto. I pazienti anziani o  con sistema immunitario compromesso possono sviluppare batteriemia o meningite

Variabile

Latte non pastorizzato, formaggi a latte crudo freschissimi (molli), freschi (primo sale)  o poco stagionati, formaggi erborinati, alimenti preparati pronti per il consumo a base di carne, o di pesce o con vegetali (salmone affumicato, salami morbidi, coppa di testa, insalate di pollo, ecc.)

 

 

Salmonella

 

 

Salmonellosi

 

 

6 -48 ore

Diarrea, febbre , dolore addominale, crampi e vomito (spesso diarrea colore verdastro simile bile) e regrediscono spontaneamente ma in alcuni casi evolve in una forma extra intestinale (sistemica)  principalmente in persone anziane, neonati e immunodepressi, che richiedono la ospedalizzazione. In rare casi provoca artrite, congiuntivite e infiammazione del tratto urogenitale ( Sindrome di Reiter).

Sono inoltre particolarmente suscettibili all’infezione da salmonella i soggetti: - affetti da acloridria (disfunzione dell’apparato digerente, consistente nell’assenza di acido cloridrico nel succo gastrico) e da malattie neoplastiche; - in terapia con farmaci anti-acido, in pregressa o concomitante terapia antibiotica ad ampio spettro, e/o in terapia immunosoppressiva, - che hanno subito interventi chirurgici a carico dell’apparato gastrointestinale. Sia negli animali che negli uomini è frequente la comparsa di portatori sani.

 

 

 

4 – 7

giorni

 

 

 

 

 

Uova, pollame, carni rosse, latte e succhi di frutta non pastorizzati, formaggi a latte crudo freschissimi (molli), freschi ( es. primo sale) o poco stagionati

Staphilococcus aureus coagulasi positivi

Intossicazione da stafilococco

1 – 6 ore

Insorgenza improvvisa di severa nausea e vomito. Crampi addominali. Diarrea e febbre possono essere presenti.

La tossina emetizzante, caratterizzata da nausea e vomito, differisce dalla diarroica perché provoca una sindrome molto più acuta con un periodo di incubazione non superiore alle 6 ore dal momento di ingestione del cibo.

24 – 48 ore

Carni non o impropriamente refrigerate,  insalate  con patate e uova e vari ingredienti, torte e pasticceria fresca, formaggi a latte crudo freschissimi (molli), freschi (es. primo sale) o poco stagionati

 

Brucella abortus (bovini)

 B. melitensis

(ovini e caprini)

 

Brucellosi

 

5 giorni  a diversi mesi

(media di  2 settimane)

Sintomi sono vari e simili a quelli dell’influenza( febbre, mal di testa, mal di schiena e debolezza), ma possono manifestarsi anche pericolose infezioni al sistema nervoso centrale e in alcuni casi si hanno cronicizzazioni, caratterizzate da febbri ricorrenti, stati di affaticamento, dolori alle articolazioni. Dopo la fase febbrile iniziale, possono comparire anoressia, perdita di peso, dolore addominale e articolare, cefalea, lombalgia, debolezza, irritabilità, insonnia, depressione e instabilità emotiva. La stipsi spesso è spiccata. La brucellosi è fatale in < 5% dei pazienti, di solito come conseguenza di endocardite o di gravi complicanze del sistema nervoso centrale.

 

Se non curata persiste

 

Ingestione di latte crudo/ formaggi al latte crudo molli, freschi ( primo sale) o poco stagionati  e di carni poco ottenuti da animali malati

La contaminazione può avvenire anche mediante contatto diretto con secrezioni ed escrezioni di animali infetti e Inalazione di aerosol di materiale infetto

Micobacterium

bovis

Tubercolosi

variabile

L’infezione inizialmente è primari (latente) può evolvere in una forma attiva con presenza di sintomi. Non tutte le persone che si infettano sviluppano la malattia.

Nella fase attiva si osserva tosse persistente, talvolta con escreato sanguigno, perdita di appetito, riduzione di peso corporeo, stanchezza, febbricola (in particolare nelle ore pomeridiane ed serali) e dolore toracico

Variabile

Ingestione di latte crudo bovino, di formaggi a latte crudo bovino molli o freschissimi (molli o primo sale) o poco stagionati. La contaminazione può avvenire tramite contatto diretto con espettorato animale

Bacillus cereus

Tossicoinfezione da B. cereus

8-16 ore

 

1 – 5 ore

Forma diarroica: diarrea acuta, nausea e dolore addominale

Forma emetica: nausea acuta, vomito, crambi addominale e occasionalmente diarrea

24 -36 ore

Alimenti con amido (riso bollito o /fritto), spezie, alimenti essiccati, latte e prodotti a base di latte, piatti di verdure e salse


PRODOTTI A BASE DI LATTE  TRADIZIONALI NELLE MARCHE E NELLA A.V. n°2

Vengono definiti "prodotti agroalimentari tradizionali" quei prodotti tipici i cui metodi di lavorazione, conservazione e stagionatura, sono praticati in un certo territorio in maniera omogenea e secondo regole tradizionali e protratte nel tempo, per un periodo comunque non inferiore a 25 anni (art. 8 del Decreto legislativo n. 173 del 30 aprile 1998 e al successivo decreto n. 350 dell’8 settembre 1999).

La Regione Marche ha individuato circa 140 prodotti rappresentativi di tutte le realtà territoriali del Marche.
Fanno parte dell’ allegato B del Decreto Dirigenziale della Posizione Funzionale “ Programmazione, sviluppo delle aree rurali, qualità delle produzioni e SDA di Macerata”  n. 70 del 15 novembre 2019, avente come oggetto il “ D.lgs n.173/98, art. 8, comma1 e DM MIPAF n.350/99 – “Aggiornamenti elenco regionale prodotti tradizionali per l’anno 2019”,  n.12 tipi formaggi di cui solo n.4 (vedi Tabella 2) vengono prodotti nelle province/zone presenti nel territorio della A.V. n.2  (caciotta, cacio pecorino lievito o pecorino fresco a latte crudo, pecorino, pecorino in botte). Tutti i formaggi tradizionali marchigiani riportati nel suddetto allegato B sono ottenuti “esclusivamente da  latte crudo”.

Tabella 2  Formaggi tradizionali prodotti nel territorio della ASUR Marche A.V. n°2

Nome prodotto

Zona produzione

Specie animale

Tipo

caglio

Ingredienti diversi di caglio e sale

Cottura cagliata

Salatura

Trattamento crosta e/o conciatura

Maturazione / Stagionatura

Tipo di stagionatura

Caciotta

Intero territorio regionale, ma particolarmente zona Montefeltro

Latte vaccino con aggiunta di latte ovino e/o caprino di provenienza locale

 

(*)

 

(*)

Talvolta semi cottura fino a 43-44 °C

A secco  con rivoltamento ogni 12 ore per un massimo di 2 giorni

Talvolta scottatura della forma appena ottenuto in siero bollente per alcuni minuti e asciugatura con un panno di cotone

Minima di 10 giorni in genere da 15 a 20 giorni

Mentre nel Montefeltro minima 40 giorni fino a 6 mesi

Nel Montefeltro

si usa botti, cassettoni di legni, bigonce, mastello o anfore in terracotta,  e si concia con foglie di noce a strati

Cascio pecorino lievito o pecorino fresco al latte crudo

Zone interne  Maceratese e dell’Ascolano, in prossimità dei Monti Sibillini

Latte di pecora crudo locale

Caglio (priso) di capretto e/o di agnello

 

(*)

 

Latte riscaldato a 35°C Non é prevista la cottura dalla cagliata dopo la rottura

 

Salatura manuale a secco

Dopo la rottura cagliata, formatura e spurgo manuale si effettua la “scotta” di ogni forma con siero riscaldato della ricotta

Minima di 20/ 30 giorni

In cella frigorifera ad umidità e temperature controllate

Pecorino (1)

Intero territorio regionale

Latte ovino crudo di provenienza locale

Caglio naturale di provenienza locale (**), che nei Monti Sibillini e Monte Rinaldo viene aromatizzato con erbe locali

 

Possibile aggiunta di fermenti lattici

 

E’ frequente la semi cottura della cagliata a 45-48 °C

 

Salatura a secco per massimo 2 giorni

 

Per i formaggi stagionati è possibile l’utilizzo di olio di oliva

Vendita non va effettuata prima di 20 giorni. Le forme vengono girate giornalmente e lavate a giorni alterni con acqua e siero tiepido.

Frequente stagionatura del prodotto oltre 1 anno

 

Ambiente fresco a umidità media

Pecorino in botte

Maggiormente diffuso nelle province di PU e è presente anche nella provincia di AN

La materia prima è il pecorino (1) stagionato da 40-60 giorni

(1)

(1)

(1)

(1)

Il formaggio viene avvolto in foglie di noce o castagno e posto in botti di rovere, barili o tini e lasciato stagionare per periodo da 20 a 90 giorni  oppure viene adagiato a strati alternati di foglie, erbe aromatiche (quali santoreggia, nepetella, alloro e timo) o eventualmente viene immerso in vinaccia o vino locale (verdicchio o rosso), Se immerso in vino deve avere una stagionatura minima di 90 giorni

Ulteriore stagionatura variabile da 20 a 90 giorni. Dopo l’apertura delle botte, il prodotto viene lasciato ossigenare per almeno 10 giorni su assi di legno

 

(*) non riportato nell’allegato B del DDPF  n.70 del 15/11/2019

(**) nella scheda tecnica presente in allegato B non viene specificata la specie animale. Nei Monti Sibillini e Monte Rinaldo il caglio di origine naturale  viene aromatizzato con erbe locali. In particolare il serpillo, basilico, maggiorana, fichi verdi, germogli di rovo e di buglossa oltre a chiodi di garofano, noce moscata, pepe nero, rosso d’uovo e un cucchiaio di miele. Si fa presente che la produzione di caglio di origine animale è normata dal Reg CE 853/2004 e gli stabilimenti che lo producono devono essere oltre registrati ai sensi del Reg CE 853/2004 e devono rispettare i requisiti generali del Reg. CE 852/2004. La macellazione d veniva prodotto tradizionalmente negli allevamenti non riporta un inquadramento giuridico e pertanto non sarebbe ammesso tale attività.                              

PRODUZIONE DI FORMAGGI “A LATTE CRUDO” NELLA A.V. N°2

La produzione di formaggi all’interno della Area Vasta 2 viene fatta da n. 3 caseifici in possesso di riconoscimento comunitario ai sensi del Reg. CE 853/2004 e da 17 caseifici registrati ai sensi del Reg CE 852/2004 che effettuano  la vendita ad altri OSA o direttamente ai consumatori finali dei propri prodotti.

La produzione di formaggi “a latte crudo” e pertanto non sottoposti a trattamento termico del latte a temperatura > 40°C, viene fatta sia in stabilimenti riconosciuti che registrati.

In due dei tre stabilimenti riconosciuti viene effettuata la produzione di formaggio a latte crudo ovino, solamente in alcuni periodi dell’anno. In uno di questi la produzione si estende per diversi mesi dell’anno e il prodotto viene sottoposto ad un minimo di 60 giorni di stagionatura. Mentre l’altro lo produce solo nel periodo che antecede la Pasqua e viene venduto fresco, anche senza stagionatura , ad esercizi commerciali della provincia di Ancona, e principalmente ad imprese alimentari che effettuano la trasformazione di prodotti da forno, per la produzione della “ Pizza al formaggio”, tipica della tradizionale pasquale marchigiana.

Tale tipologia di formaggio viene preferita al formaggio derivante da latte pastorizzato , in quanto la popolazione locale apprezza il colore biancastro dei pezzi di formaggio all’interno della pizza che rimane dopo la cottura della stessa, mentre non gradisce il colore giallognolo del formaggio derivante dall’uso di formaggi stagionati o da formaggi pastorizzati.

Dei 17 caseifici registrati soltanto n.3 non producono formaggi al latte crudo.

Nell’anno 2020 nell’A.V. n. 2 si è verificato un episodio di tossinfezione di origine alimentare determinata da consumo di formaggio fresco a latte crudo nel periodo pasquale, con l’isolamento di Salmonella enteritidis dalle feci di 80 persone, in coincidenza con la prima ondata Sars-Covid-19. Nella fase iniziale la Salmonellosi non è stata presa in considerazione come causa di malattia, in quanto si pensava che si trattasse di una forma intestinale di infezione da Covid–SARS-19. Successivamente a seguito dell’intuizione di un medico, la malattia è stata identificata ed è stato possibile collegare tutti i casi correlati all’episodio di tossinfezione e quindi son state avviate le ricerche sugli alimenti .

Dalle interviste fatte alle persone affette da salmonellosi, si è risalito agli alimenti consumati nelle ultime 12 ore dall’inizio dei sintomi (crampi addominale, diarrea, febbre comparsi tra 4/8 ore dopo l’ingestione dei pasti), con individuazione di una fonte alimentare comune. Si è constatato che in più del 90% dei casi, era stato consumato formaggio pecorino fresco tipo “primo sale”, acquistati presso punti di vendita presenti all’interno della A.V. n.2.

Gli intervistati nella maggior parte dei casi non ricordavano il marchio di formaggio acquistato né se si trattasse di formaggio a latte crudo ma hanno dichiarato di averlo in parte consumato tal quale  e in parte  impiegato per la produzione della pizza e di piatti gastronomici tradizionali pasquali. Quindi sono stati effettuati immediati sopralluoghi ispettivi nei punti vendita segnalati, riscontrando che su tutti era presente un tipo di formaggio di pecora a latte crudo freschissimo, volgarmente conosciuto come “primo sale” proveniente da un stabilimento CE dell’A.V. n.2 . Nel corso dei primi sopralluoghi si è rilevato che la maggior parte dei punti vendita non era a conoscenza che tale formaggio fosse a latte crudo, anche se l’etichetta riportava tale indicazione.

Successivamente sono state effettuati prelievi di campioni dai lotti di formaggio, presenti presso i punti vendita dopo il periodo pasquale (campioni ufficiali) e sono stati effettuati anche altri campioni presso le abitazioni delle persone affette (reperti) che erano stati acquistati nelle settimane precedente alla Pasqua. Tutti i campioni sono stati analizzati presso l’IZS dell’Umbria e delle Marche di Ancona e Tolentino, con riscontro di Salmonella enteritidis nei campioni di formaggio prelevati presso le abitazioni, ma non in quelli prelevati presso i punti vendita. Solo una delle persone intervistate non aveva comprato il formaggio fresco presso esercizi commerciali bensì direttamente da un produttore locale registrato ai sensi del Reg CE n.852/2004 per la produzione e vendita diretta di formaggi. Considerato che tale produttore era anche fornitore di latte dello stabilimento CE maggiormente sospettato, si è risaliti all’origine del latte contaminato.

Inoltre, a seguito di diffusione da parte dei mass media locali, dei casi di salmonellosi nel Comune sede della azienda di produzione registrata e dei campionamenti ufficiali di formaggi presso i punti vendita, i due stabilimenti di trasformazione, hanno effettuato analisi specifiche in autocontrollo, per la ricerca di Salmonella sp sul latte da loro impiegato per la produzione di formaggio, rilevando la presenza del patogeno in argomento e attivando conseguentemente il sistema di allerta con ritiro/richiamo dei prodotti da loro commercializzati con il latte contaminato.

La normativa CE prevede il solo controllo della CBT 30°C per il monitoraggio della igiene di produzione del latte, mediante due prelievi mensili. Dalla verifiche ispettive si è riscontrato che i prelievi sono stati sempre regolarmente effettuati e che la media geometrica mobile non superava il limite stabilito dal Reg. CE n.853/2004 per la trasformazione a crudo.

Tuttavia in nessuno dei due stabilimenti era stata effettuata in autocontrollo la ricerca di patogeni nel latte crudo .

In entrambi gli stabilimenti è stata immediatamente sospesa la produzione di formaggio pecorino a latte crudo e sono state disposte  misure per impedire la produzione di formaggi non conformi.

Presso l’azienda di produzione e trasformazione registrata, si sono concentrate le ricerche per individuare la fonte del contagio, mediante una serie di ricerche analitiche, che hanno coinvolto anche i Servizi SIAN e SIAPZ e l’IZSUM Sez. di Tolentino. Tali attività si sono tradotte nel campionamento di matrici diverse quali: - l’acqua potabile impiegata per la lavorazione; - ricerca di Salmonella spp. nelle feci degli operatori addetti alla mungitura e trasformazione; - tamponi sulle superficie a contatto e non a contatto con gli alimenti; - prelievo delle feci dei piccioni che si annidavano nelle zone limitrofe all’azienda di produzione (visto che la specie di Salmonella è tipica degli avicoli); - prelievo dell’acqua di abbeverata degli animali; - mangime; - latte presso il tank di stoccaggio; - feci di tutti gli ovinipresenti. Sono stati inoltre prelevati campioni anche negli ambienti di vita degli animali e sulle attrezzature impiegate per la mungitura e stoccaggio del latte (lettiera, tettarelle di mungitura ecc.). Tutte le ricerche per la individuazione della specie sono state effettuate, presso l’I.Z.S sezione di Tolentino (centro di referenza pe la Salmonella). Da tutti gli esami effettuati si è rilevato soltanto la positività nelle feci e nel latte di n° 2 pecore che sono state subito isolate e successivamente sono state utilizzate al fine di ricerca scientifica.

Tuttavia a parte l’identificazione delle due pecore fonte di infezione, a tutt’oggi non è stato possibile risalire alla causa della fonte di contaminazione del gregge. Si può solo ipotizzare che la fonte del contagio sia rappresentata dai pascoli contaminati da selvatici.

Conclusione

Il rischio della presenza di germi patogeni nella produzione di  formaggio a latte crudo non deve mai essere trascurato dalle aziende di trasformazione sia esse registrate che riconosciute. L’eliminazione di tale rischio è possibile soltanto mediante la pastorizzazione del latte prima del processo di trasformazione ma con tale trattamento si perdono gli aspetti sensoriali e caratteristici dei formaggi tradizionali delle nostre zone.

I produttori di latte e formaggio devono adottare misure di prevenzione e/o tecniche di trasformazione, che riducano al minimo la probabilità di presenza di patogeni nei prodotti finiti, mediante l’utilizzo  delle buone pratiche di produzione  e attività di profilassi che possono essere sintetizzate nei seguenti punti:

  1. Controllo sanitario dei gregge ed isolamento dei capi che presentono sintomi di diarrea, mastite o altre malattie con la mungitura separata di questi soggetti;
  2. Uso corretto degli antibiotici esclusivamente per la terapia di animali affetti da patologie, preferibilmente previo antibiogramma;
  3. Corretta pratiche delle misure di biosicurezza nell’introduzione di nuovi animali all’interno degli allevamenti;
  4. Corrette prassi di lotta contro animali infestanti nelle zone di stoccaggio dei mangimi e alimenti destinati all’alimentazione degli animali, nonché nei luoghi di ricovero dei medesimi anche nel confronto di animali indesiderati come piccioni ed altri volatili;
  5. Inizio dell’attività di campionamento del latte per la ricerca della conta batterica totale (CBT) per le produzione stagionali entro il termine massimo di 15 giorni dell’inizio della produzione del latte in azienda;
  6. Scrupolosa igiene della mungitura con attenzione all’adeguata pulizia delle mani degli operatori e delle mammelle degli animali;
  7. Corretta pulizia e disinfezione delle attrezzature di mungitura e di stoccaggio del latte crudo;
  8. Raffreddamento immediato del latte crudo a temperatura inferiore a 6°C mediante utilizzo di sistema di abbattimento rapido della temperatura (cooling) o di doppio tank di stoccaggio, al fine di evitare il mescolamento del latte caldo con quello già raffreddato;
  9. Scrupoloso mantenimento della catena del freddo del latte crudo fino al momento della trasformazione con conservazione dello stesso alla temperatura al di sotto di 6 °C meglio ancora se tra 2-4 °C;
  10. Scrupoloso lavaggio e disinfezione dei locali  e degli utensili impiegati per la trasformazione;
  11. Corretta igiene delle mani e adeguata gestione dell’abbigliamento da lavoro utilizzato del personale addetto alla trasformazione; 
  12. Utilizzo di caglio e fermenti selezionati nei dosaggi indicati dall’aziende produttrice al fine di favorire lo sviluppo della flora lattica, che ha una funzione di competizione con gli agenti patogeni microbici maggiormente presente nel latte;
  13. Adozione di tecniche per valutare l’acidità del latte come misurazione del pH o la valutazione della acidità naturale mediante titolazione con determinazione dei gradi Soxhlet-Henkel (°SH) e della  cagliata prima della rottura della stessa;
  14.  Adozione di corretta pratiche di salatura delle forme per un tempo sufficiente e, nel caso di prodotti tradizionali marchigiani, nel rispetto delle modalità e tempo definiti con nelle schede tecniche dei prodotti definite in sede regionale;
  15. Adozione di adeguata stagionatura dei formaggi, al fine di ridurre l’acqua libera, aumentare la flora lattica e la concentrazione di sale, fattori che determinano la riduzione del numero e/o l’eliminazione dei microorganismi patogeni e nel caso di prodotti tradizionali nel rispetto delle modalità e tempo definiti nelle schede tecniche dei prodotti definite in sede regionale;
  16. Adeguata gestione delle concimazioni e della rotazione dei pascoli;

Infine in caso di produzione di formaggi freschi a latte crudo, tipo “Primo sale” o con brevissima stagionatura, oltre a tutte le misure sopra riportate, si dovrebbero effettuare la ricerca dei patogeni, principalmente di Salmonella spp. mediante analisi periodica in autocontrollo (si consiglia un intervallo massimo di 15 giorni) del latte crudo o della cagliata dopo la fase di sgrondo pressatura e prima della salatura.

In caso di presenza di patogeni nel latte o nella cagliata, il formaggio prodotto dovrà essere portato a stagionatura per un tempo non inferiore a 60 giorni e l’eventuale formaggio prodotto già commercializzato dovrà essere ritirato e attivato il sistema di allerta.  Il latte raccolto dallo stesso gregge successivamente alla positività evidenziata, dovrà essere sottoposto a pastorizzazione. Considerato inoltre, che l’eliminazione della salmonella è intermittente, si ritiene opportuno che la produzione di formaggio a latte crudo, possa riprendere solo dopo la negativizzazione ripetuta , con almeno da 3 a 5 controlli ad opportuni intervalli di tempo e dopo l’eliminazione della fonte di contagio (eventuale identificazione di animali portatori).

 

Dr.ssa Da Silva Nunes F.R, Dr.ssa Silvia Cecchini S., Dr.ssa Giorgia Capezzone G., Dr. Fabrizio Conti

ASUR MARCHE AV n.2 Servizio Igiene Alimenti di Origine Animale

U.O.C. Prodotti Ittici e Altri Prodotti di Origine Animale

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Categorie: Latte e derivati
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