Lo spreco alimentare rappresenta senza dubbio un enorme paradosso dei nostri tempi: nonostante ci sia infatti la necessità di incrementare, nei prossimi anni, la produzione di prodotti alimentari (fino a valori del 60-70%) per soddisfare i fabbisogni mondiali in costante aumento, dall’altro lato si registra che ogni anno viene perso o sprecato circa un terzo (1,3 miliardi di tonnellate) di tutto il cibo prodotto al mondo per il consumo umano.
Lo spreco alimentare non è solo una questione di cibo.
Un cibo sprecato infatti è innanzitutto inutile in quanto non nutre nessuno ma in più con esso vengono gettate via risorse naturali, spesso limitate, come acqua, suolo, fertilizzanti, combustibili fossili e fonti energetiche di ogni tipo per la produzione e per il successivo smaltimento dello spreco con conseguente emissione di CO2 e quindi ulteriore inquinamento, cambiamento climatico e accumulo di rifiuti. Inoltre da non dimenticare anche il conseguente spreco economico e in termini di risorse umane.
La riduzione dei rifiuti alimentari inoltre non è solo un obbligo economico e ambientale ma anche morale: malnutrizione e impoverimento sono infatti fenomeni in continuo aumento. Secondo i dati forniti dalla FAO, circa 793 milioni di persone nel mondo sono malnutrite. I dati Eurostat ci mostrano che 55 milioni di persone (il 9,6% della popolazione dell'UE-28) non sono riuscite a permettersi un pasto di qualità ogni due giorni nel 2014.
Lo spreco alimentare si realizza in tre momenti e quindi possiamo distinguere fra:
- Food losses: si riferisce alle perdite che si determinano nelle prime fasi della filiera agroalimentare, durante la coltivazione, l’allevamento, la raccolta e il trattamento della materia prima (produzione primaria).
- Food waste: si tratta degli sprechi che avvengono durante la trasformazione industriale, la distribuzione e le produzioni in eccedenza (prodotto invenduto).
- Sprechi domestici: dovuti agli alimenti acquistati ma che non finiscono sulla tavola dei consumatori perché lasciati scadere nel frigo o nella dispensa.
In particolare, in Europa, si stima che, lungo la filiera alimentare, le perdite avvengano in queste percentuali durante le diverse fasi:
- 5% vendita all’ingrosso e al dettaglio
- 11% produzione primaria
- 12% ristorazione
- 19% trasformazione degli alimenti
- 53% nuclei familiari.
In Europa vengono sprecati circa 88 milioni di tonnellate di alimenti all’anno equivalenti a una media pro-capite di 173 kg.
In Italia il valore stimato di spreco alimentare annuo è di 179 Kg a persona.
Per ridurre questa situazione è necessario innanzitutto che i consumatori siano meglio informati sullo spreco di cibo e sulle sue cause.
Secondo un sondaggio dell’Eurobarometro, la data di scadenza sui prodotti alimentari è mal compresa, anche se quasi 6 europei su 10 dicono di controllare sempre le diciture "da consumarsi preferibilmente entro" e "da consumarsi entro" sulle etichette. L’incomprensione riguardo alle date di scadenza contribuisce all’aumento dei tassi di spreco.
Inoltre il 16 maggio i membri del Parlamento Europeo hanno adottato un piano che propone una serie di misure volte a ridurre del 30% entro il 2025 e del 50% entro il 2030 le 88 tonnellate di spreco alimentare annuo dell’Unione Europea.
In aggiunta si suggeriscono alcune misure per ridurre lo spreco alimentare, come ad esempio facilitare le donazioni di cibo.
Per approfondire: le attività della piattaforma dell’UE sul tema delle perdite e degli sprechi alimentari (inglese)
Autore: Dott. Stefano Manciola